giovedì 14 ottobre 2010


Quando salta la giacca

La distanza dai fatti spesso permette una chiarezza analitica che può sfuggire all’emotività di chi li vive. Se, invece, tale distanza fosse il metro per avanzare una ricerca che persegue l’inciampo, che innesca il dubbio, che mostra la relatività della realtà secondo il punto di vista di chi scruta o guarda sottecchi o affina lo sguardo o sbarra gli occhi, cosa accadrebbe? Ci si potrebbe trovare a farsi travolgere da un magma di parole e improvvisi silenzi ed osservare gesti calibrati, a volte esacerbati, altre pacati, che procedono per opposizione e innescano tramite la reiterazione un ritmo ben definito: quello del teatro di Daniele Timpano. La pluralità dei tempi, memoria personale e collettiva, ricostruzione storica e realtà contemporanea (il presente dell’artista, il suo vissuto che filtra) si intrecciano e insediano nel corpo dell’attore, propriamente calato dentro abiti borghesi che raccontano un’ufficialità apparente e possono improvvisamente andare stretti. La giacca ad un tratto fa soffocare, viene tolta con furia, vola a terra. Poi di nuovo viene indossata.
L’inquietudine è in agguato, si percepisce un ambiguo che non approda a soluzione, una sospensione che se muove al riso subito dopo colpisce per stringere nel dubbio e che svela un Timpano che si dibatte tra cattiveria dissacrante e pietismo che seda l’iniziale partitura. Di questo si è trattato nella fase successiva alla presentazione del frammento dell’ultima creazione di Timpano “Aldo Morto”, dove l’artista, il critico che lo ha intervistato e gli spettatori hanno discusso sull’evoluzione dello spettacolo con un’interessante retrospettiva dell’opera di Timpano e della sua accoglienza presso il pubblico e le giurie di addetti ai lavori, per poi estendere il discorso sui doveri del teatro, sulla capacità di esso di agire nella vita pubblica. Ne è nato un confronto che per l’artista risulta elemento di formazione e informazione utile ai futuri sviluppi del suo lavoro e per lo spettatore, che interviene attivamente, momento di riflessione sul teatro, sul proprio modo di intenderlo, scoperta della fucina creativa di un attore, drammaturgo, regista che anche fuori della scena sfugge come un fluido a nette classificazioni.


Laura Pacelli
Osservatorio Critico Università Roma2
14 ottobre 2010

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