sabato 30 ottobre 2010

OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Quarto incontro

Quarto incontro - 26 ottobre 2010

NOVO CRITICO 2010 : "UNA"
Alessandra Sini incontra Rossella Battisti



ALESSANDRA SINI.
“UNA” SOLA, TANTE MEMORIE


Alessandra Sini scompone il movimento in un fluido libero, senza narrazione. Attraverso l’uso di ogni fibra muscolare indugia su pose statuarie altezzose e un minuto dopo simula una pattinata goffa circolare attorno al palcoscenico. La rivitalizzazione di un’iconografia sedimentata, ripresa esplicitamente dalla statuaria classica e orientale, subisce una distorsione. Questa deviazione dalla norma, intesa come “variazione rispetto alla regola”, provoca spiazzamento nello spettatore. E’ proprio qui che si crea il messaggio, poiché chi guarda si riscopre addosso un vissuto di memorie e riflette su ciò che di esse è importante mantenere o eliminare. Viene a galla quella “metacinesi” di cui parla John Martin, dice Rossella Battisti, secondo cui il movimento è un mezzo per trasmettere messaggi da un individuo ad un altro, tenendo conto di uno sguardo che traduce nel familiare qualcosa di non familiare. In assenza di contenuto narrativo, quindi, lo spaesamento risulta perturbante a livello di linguaggio.

“Una” è estratto da uno spettacolo più complesso, che vede in origine anche la presenza di Antonella Sini, sorella di Alessandra. Due corpi, adesso diventano “uno”. Questa deformazione dal duo al solo, spinge la danzatrice a qualificare lo spazio di relazione che esiste tra sé e le parti del suo corpo, a materializzare il fantasma della sorella attraverso la ricerca nei propri muscoli di una presenza altra. Si tratta di fare un uso coreografico dello spazio, tramite l’empatia e la memoria. L’elemento naturale s’inserisce in questa ricerca, grazie ad un lavoro interno e artificiale fatto per scoprire l’essenza stessa della presenza, quindi un archetipo che parla direttamente a chi guarda, senza il filtro dell’estetica.

La disinvolta capacità di raccordare le immagini, la linearità e la forma attraverso la dinamica, produce nella danza di Alessandra Sini una qualità di movimento riconoscibile, eppure non troppo autoritaria. L’uso di materiali di scarto o “di risulta”, come li chiama l’artista stessa, fanno avvicinare lo sguardo e liberano l’interpretazione. Il doppio allora si materializza nella possibilità di costruire un’altra realtà in scena, uno spazio creato soltanto dal corpo che danza, con sé stesso e con lo sguardo dello spettatore. Un “lasciarsi attraversare in mezzo alla condizione” che Alessandra ribadisce come necessità essenziale nella vita di tutti i giorni e che indica come caratteristica connaturata al corpo contemporaneo. Una danza astratta che riesce a contenere insieme elementi naturalistici e una forma che si tramuta progressivamente in dinamica emozionale.

Francesca Magnini
Osservatorio critico Roma1

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