DEPOSITO CRITICO

Gli incontri saranno seguiti da Roberto Ciancarelli (Università RomaUno)  attraverso il Deposito Critico.

Deposito Critico si configura come possibilità e tentativo di immagazzinare questioni, ossessioni, riflessioni, rilevare costanti, tracciare scie  nel succedersi delle pratiche di lavoro e dei discorsi che NOVO CRITICO ha messo in calendario.
Roberto Ciancarelli  sarà testimone speciale e competente degli incontri di Novo Critico distillando questioni e ragionamenti che emergeranno.


Roberto Ciancarelli insegna Storia del Teatro e dello Spettacolo e Storia della Danza e del Mimo, e Metodologie per la Ricerca sullo Spettacolo all’Università di Roma “La Sapienza”. È specialista di storia della scena tra Rinascimento e Barocco e ha pubblicato tra l’altro: Il progetto di una festa barocca, Alle origini del teatro Farnese di Parma (1987), e l’edizione de Il Solimano (1992).





DEPOSITO CRITICO 1
di Roberto Ciancarelli
12 ottobre 2010



Alcune telegrafiche considerazioni:
Come riuscire a fare in modo che il dibattito non devitalizzi l’esperienza?
Come è possibile un’integrazione tra fatto artistico e operazione critica o per meglio dire come è possibile un dialogo in presenza tra critico, pubblico e artista che sia davvero un arricchimento e un completamento dell’esperienza?

Per tornare al trascorso "famigerato" dibattito, credo che il nodo cruciale non sia tanto la definizione di “teatro politico”, che peraltro, come è stato riconosciuto, come formula ha poco senso, vero problema invece quando si prende a prestito il linguaggio della politica ("sei di destra?, sei di sinistra?") e si cade a piedi uniti nella trappola di una storia legata a un personaggio della storia.
E ancora: la distanza dell’artista (o al rovescio) la sua adesione al tema esplorato sono unità di misura critiche che funzionano davvero?

Altra considerazione: il dibattito ha senso se gli spettatori si rendono conto che questo innaturale prolungamento può servire a far affiorare indizi della qualità della loro presenza (del loro essere in relazione con l’esperienza, del loro “stare con”, ovvero se serve a ricapitolare, tra le diverse modalità di percezione dell’esperienza, quelle per noi spettatori più autentiche problematiche e significative). A questo proposito l’intervento-spettacolo di Simone Carella ha avuto il merito di spostare l’attenzione sul fuoco della relazione: "il teatro se lo mangia l'attore, l'attore se lo mangia il personaggio", come dire che tutto è concentrato in questo sistema di scatole cinesi, in questo sistema che ha un suo linguaggio compiuto e autonomo che va riconosciuto, il resto (il resto e gli altri linguaggi) per ora non mi riguardano…

Infine: sono d’accordo con Nicola Viesti che aveva iniziato dicendo che il tema scelto da Daniele suscita, anzi “scatena “ aspettative, verissimo, ma come il dibattito ha poi dimostrato, questo tema scatena aspettative e cortocircuiti per chi quell’esperienza per ragioni anagrafiche e soprattutto di generazione l’ha vissuta (come coscienza, come disvelamento-rivelazione della Storia, come separazione e spartiacque tra il prima e dopo della Storia, come espansione e tragica messa in luce della Storia… ). Per chi non c’era o era troppo piccolo, non c’è nessuna differenza tra Mazzini Mussolini Moro, tutti inevitabilmente assimilati a personaggi del passato.

In coda: nessuno ha parlato di quello che da questo Studio si è depositato nella memoria, che poi è un modo per ricostruire l’operazione drammaturgica di Daniele, l’uso e la selezione delle sue fonti, i suoi comportamenti scenici etc, eppure , immagini da infilare come perline a una a una ci sarebbero: l’immagine di un’arancia tagliata con cura, l’immagine di un uomo vestito di tutto punto giacca e cravatta sulla spiaggia, una lettera stracciata…