sabato 5 febbraio 2011

OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Decimo incontro

Decimo incontro - 26, 27, 28 novembre 2010

Novo Critico 2010. "Tre giorni per One Day"
accademia degli artefatti incontra Andrea Porcheddu





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Lo studio proposto dall’Accademia degli Artefatti al Kollatino Underground è ciò che rimane di un progetto da presentare al Roma Europa Festival nel 2008. Progetto fallito per abbandoni produttivi. Di questo abbandono lo studio presenta tutti i sintomi: anaffettività verso gli oggetti di scena, barbe incolte e volti solcati da profonde occhiaie. Si tratta di uno studio presentato a luci accese con copioni alla mano e attori che vanno e vengono dalla platea alla scena. La forma è subito convincente perché si presta in maniera efficace al contesto in cui viene proposta: l’Accademia degli Artefatti ci offre materiale nudo, pronto ad essere vivisezionato, studiato, analizzato.
Lo studio si presenta sotto forma di episodi. Il primo episodio o della donna-pesce è attraversato da originali riflessioni sulla forza dirompente della visione laterale e da chiari riferimenti a certi panorami inquietanti della cinematografia degli ani ’70-’80: Funny Games di Haneke e Strade perdute di Lynch. In un certo senso la dimensione onirica, dissacrante e inquietante dei frammenti citati durante il primo episodio, si presta bene all’umore dello studio presentato dall’Accademia degli Artefatti: i dialoghi degenerano sempre in sit-com paradossali, costellate di nonsense, di perdite momentanee di memoria, di inversioni dei ruoli. Il gioco è accattivante, per certi versi divertente, ma in qualche modo rallentato e reso prolisso dalla presenza dei copioni in scena: la lettura degli attori dilata i tempi della rappresentazione creando spazi vuoti che i performers riempiono sovraccaricando il repertorio gestuale ed espressivo di ornamentazioni, abbellimenti, modulazioni, fino a dare vita a perfette caricature di se stessi.
La seconda parte dello studio si apre col dirompente ingresso di un attore nudo dalla cintola in giù, interessante pretesto per indagare le dinamiche dell’attenzione, che scivola purtroppo in un più scontato gioco di doppi sensi sulle esigue dimensioni del membro. Peccato.
Il terzo episodio o dell’interrogatorio risulta molto interessante grazie alle evidenti capacità dei due attori che si muovono in sincronia perfetta lungo le traiettorie del testo: movimenti, toni, espressioni, tengono viva l’attenzione che altrimenti si perderebbe seguendo le linee confuse di un dialogo che procede a stento sul terreno scivoloso dell’assurdo.
L’ultimo episodio o dei pacchi, pur rievocando atmosfere beckettiane –i due protagonisti dell’episodio sembrano due moderni Vladimiro ed Estragone nell’attesa attuale di un significato che sfugge- non riesce a staccarsi dall’impianto teorico-demagogico sul concetto di libertà e  democrazia, lasciando inattuate le possibilità di una nuova clownerie di acrobazie del quotidiano.

Elena D'Angelo
Osservatorio critico Roma1