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lunedì 18 aprile 2011

CONTRIBUTI E APPUNTI


Addentrarsi (su Esercizi di Rianimazione di Cosentino/Picciotti)
 Addentrarsi.
Cercare, tentare, rischiare, mostrare una prova, un percorso, non un punto di arrivo, ma la volontà estrema di percorrere quella strada e di sperimentare, non già di arrivare a conclusione.
Che forse il punto di arrivo, famosa retorica che ci insegnano non appena approdiamo nel mondo del teatro, non è importante quanto i mezzi e le strade che usiamo e attraversiamo per arrivarci.
E tutto il materiale che si utilizza davvero, concretamente lo ritroviamo lì sulla scena.
E anche l'attore, svestito della sua maschera più forte e compiuta, torna a svelarsi pian piano e si lascia semplicemente trasportare dall'esperimento.
Si lascia condurre in un territorio che nessuno conosce.
Si lascia sedurre finalmente dall'atto puro di fare teatro e di tornare a cercare (come ci insegnava Elsa Morante... Di tornare a cercare).
Per questo ridiamo, ma portandoci a casa il nostro silenzio nella tasca della giacca o intrecciato alla sciarpa.
E ritroviamo una serie di piccoli interrogativi nascosti.
E piccole desolazioni e piccole verità e piccolissime lacrime.
Forse non sappiamo cosa sia accaduto davvero in strada o nella sala pulsante di respiri e di muscoli doloranti, uno accanto all'altro da sentirne quasi il movimento dei pensieri o il flusso dell'attenzione più rilassata. Ma in fondo sappiamo che l'azione più importante che è avvenuta è che c'è qualcuno che si è rimesso in gioco. Che si è messo in discussione e che ha provocato, non tanto il pubblico ma se stesso.
E non intendo la provocazione fino a se stessa che molto spesso ci lascia come una programma di spicciola euforia adolescenziale, ma la provocazione che porta con se una serie di conseguenze. E di effetti.
E soprattutto è avvenuta per la prima volta dopo tanto tempo, la messa in discussione di sè. Sì, perchè quando torni a cercare con la semplicità e la purezza primitive (che si trovano solo quando hai davvero la necessità di trovare qualcosa), davvero ti metti in discussione. Ti devi smontare (come erano fatti a pezzi tuti i materiali usati in scena), devi ricominciare da capo e trattare come massa informe tutto quello che sei.
Per non presentare alla fine dei conti la prossima produzione della compagnia attorno al senso della vita e di questa crisi, ma per approdare al lavoro più profondamente umano di due attori che incontrandosi hanno iniziato un vero lavoro insieme.
Utilizzare la crisi e le incertezze che annebbiano i nostri sensi, e la nostra intelligenza molto spesso, per produrre un nuovo senso, per proporre, stimolare, alleggerire e poi scavare dentro le viscere. Non più dimostrare di essere artisti e per questo superiori nel comprendere che cosa accade nel nostro momento storico, ma essere umani.
Mi piace ripetere la parola semplicemente, perchè è questo ci manca di più: la semplicità.
E invece qualche sera lì è avvenuto un fatto che si può definire (ahimè) straordinario. Siamo tutti tornati bambini. Ma non perchè abbiamo nostalgia del piccolo principe o della favole della buonanotte, ma perchè abbiamo guardato, osservato e ascoltato un intero lavoro senza il giudizio più assoluto di ricchi intellettuali - teatranti - letterati- critici - alto borghesi migliori del resto del mondo perchè ne abbiamo capito le regole, ma solo per accogliere realmente quello che ci veniva offerto: uno scambio, un esercizio e fulminanti punti d vista che possiamo mettere in discussione o utilizzare per renderci conto che tutto quello che sappiamo forse non è tutto. Non ci basta. O dobbiamo usarlo per andare avanti.
Quello che davvero è accaduto seppure per pochi dolcissimi attimi, è prezioso: si parla di umanità. Si parla all'umanità, in diversi sensi.
Sull'arte e sull'accattonaggio. Sul mendicare e sul creare, sul lamentarsi e sul giocare, sulla tenerezza e sulle urla scomposte, sul nostro corpo e su quello di giocattoli,
Ma senza la presunzione nauseabonda di chi sa di aver ammaliato una folla di spettatori (esagero un pò, ma è questo lo spettacolo che mi si presenta da un pò di tempo a questa parte).
Solo con la volontà di affrontare il problema più grande di oggi, e con una risata o una lacrima di commozione o un gesto d'impeto rabbioso o con una carezza delicata, o con un buffo guanto di gommapiuma sulla mano, non tanto risolveremo, bensì riusciremo a individuare la possiblità di creare alternative ai facili isterismi cui siamo tutti facile preda (me compresa).
Ringrazio profondamente Andrea e Francesco, perchè sono convinta di avere imparato qualcosa...
Sto cercando di capire cosa; qualcosa dentro si sta muovendo, sta esplodendo, mi sta esplorando, piano piano emerge, poi si assopisce di nuovo, poi di nuovo forse s'illuminerà, ma sono felicemente convinta di avere assistito ad un piccolo miracolo, in cui si affronta l'umanità, noi che viviamo questo momento storico, sociale, privato, politico, artistico, familiare, naturale.
Si è creata una vera relazione, in barba a tutte le bugie e le strategie che arrangiamo ogni giorno. E noi ne eravamo i protagonisti insieme ai clown che sperimentavano possibilità e respiri.
Semplicemente eravamo parte della storia, come nel mondo là fuori. Mentre le cose accadono noi guardiamo. E mentre noi accadiamo le cose si fermano a guardare.
E tutto non può terminare che un caloroso e sincero grazie.

Chiara Fallavollita
21 ottobre 2010

sabato 30 ottobre 2010

martedì 26 ottobre 2010

MATERIALI E RIFLESSIONI - Secondo incontro






















LE RIFLESSIONI CRITICHE DI CLAUDIA CANNELLA

Esercizi di critica su “Esercizi di rianimazione” - Non uno spettacolo, e questo si sapeva, ma neanche uno studio si può definire “Esercizi di rianimazione”, presentato da Andrea Cosentino a Novo Critico 2010. Sembra più un check sugli strumenti che vorrà utilizzare per il successivo lavoro, verificandone l’efficacia nella relazione col pubblico. Ritrovo l’intelligenza bizzarra e i segni tipici del teatro di Andrea (da poco affiancato da Francesco Picciotti): l’importanza degli oggetti e dell’interazione fra loro e con gli spettatori, il pupazzo di Artaud (un alter ego?), i meccanismi della clownerie, il disinteresse verso un racconto lineare (ma attenzione: non verso un’idea più generale di narrazione, checché ne dica lui!) a vantaggio di una sorta di blob situazionista, le citazioni (Buster Keaton) e, ahimè, le autocitazioni... Ho visto un’esercitazione con oggetti messi in relazione fra loro in modo più surreale del solito, ma non ancora un’idea di partenza da sviluppare, un tema possibile che faccia da spina dorsale allo spettacolo prossimo venturo, almeno nella seconda parte, quella mostrata all’interno dello spazio di Kataklisma Teatro. La prima parte, invece, realizzata sul marciapiede antistante, è già qualcosa con una forma più definita. Francesco, seduto per terra, anima il pupazzo di Artaud, mendicante rabbioso che, con voce registrata, chiede denaro in cambio della sua arte. Molto attuale, crudele, politico. Sarebbe bello creare squadre di performer che lo vanno a fare tutti i giorni davanti a teatri e uffici ministeriali! Non so se si possa stabilire un nesso tra le due parti del lavoro di Cosentino-Picciotti. Lo scopriremo alla prossima puntata. Ora tocca ad Andrea (e a Francesco). Buon lavoro!

All’Eliseo, all’Eliseo! - Mentre guardavo il lavoro di Andrea, osservavo anche le reazioni del pubblico: molti ridevano, alcuni in modo eccessivo, quasi anticipando le gag. Ho pensato: vabbè, siamo in famiglia... era netta la percezione di un sottotesto, nella relazione artista-pubblico, che affondava le sue radici in consuetudini e rapporti non occasionali. Troppo facile!, ho pensato perfidamente. Perché non esporre il proprio lavoro anche di fronte a spettatori eterogenei, non solo fan? Da qui il tormentone della serata: come reagirebbe il pubblico del Teatro Eliseo di fronte a tutto ciò? Ovviamente era una provocazione. Ma anche un invito. Dal momento che il lavoro di Cosentino si basa molto, addirittura si modella sull’interazione col pubblico, perché non cimentarsi con spettatori diversi dagli amici e dagli ammiratori? Credo che, soprattutto in questa fase di studio e sperimentazione, proprio dalle situazioni meno prevedibili potrebbero venir fuori materiali interessanti da metabolizzare. E anche a me, come ad Andrea, «non piace l’omogeneità culturale che esiste tra il teatro, in special modo quello di ricerca, e i suoi spettatori. Non mi piace quella complicità predeterminata, come non mi piace in generale l’arte targettizzata» (A. Cosentino, “L’apocalisse comica”, Roma, 2008, Editoria & Spettacolo).

Meglio dormirci sopra - Mi piace l’idea di tirar su una saracinesca e di entrare in un piccolo teatro. Mi piace che si riempia in modo disordinato, come le scarpe lasciate ammassate nell’atrio. Non ero mai stata ospite di Kataklisma Teatro, né mi era mai capitato di dover improvvisare dei pensieri “critici” a caldo, di fronte a un pubblico, dopo aver visto uno spettacolo, o meglio un frammento, un’ipotesi di lavoro... quasi non amo i commenti (pseudo) critici all’uscita di un teatro con gli amici, figuriamoci con spettatori sconosciuti e dopo quella manciata di minuti trascorsi insieme a vedere un misterioso embrione di qualcosa che sarà. Ma proprio per questo ero curiosa di farlo, di mettermi alla prova, di esplorare luoghi e persone poco o per nulla conosciute. Per questa ragione ho accettato, con divertita apprensione, l’invito di Elvira e di Daniele, istintivamente sicura, conoscendoli, che non sarebbe stata una cosa tipo “segue dibattito” di fantozziana-morettiana memoria. In effetti il confronto immediato con gli artisti e col pubblico è stato interessante e vivo, ma più per quello che ho potuto ascoltare che per quel che ho potuto dire. Resto infatti convinta di una mia vecchia idea, fisicamente testata sulla mia pelle: meglio dormirci sopra! Nel senso che preferisco lasciar sedimentare pensieri e riflessioni prima di indossare i panni della critichessa. O forse anche vedere prima il lavoro, per rivederlo poi insieme al pubblico e parlarne tutti insieme. Gli artisti magari lavorano mesi, e poi arriviamo noi critici a liquidare la pratica in poche righe o parole approssimative. Nel bene o nel male. Questo mi fa sentire inadeguata, a volte poco “rispettosa” del lavoro altrui, e continua a non piacermi.

Claudia Cannella

lunedì 25 ottobre 2010

OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Secondo incontro

“La cosa più onesta che possa fare è il cretino”

"Io sono un poeta estemporaneo improvvisatore
Imbecille io son
perché?
perché sì. Insisto sul sì; non faccio del male a nessuno se dico di sì;
quante cose si possono risolvere rispondendo di sì; e allora, sì.”


Più stupidi di così si muore.

“Egli divinizza l'imbecillità, e ci sa dare estratti deliziosi d'idiozia concentrata,
sa comporre delle melodie dolcissime di stupidaggini,sa imbastire lirismi sublimi di vuoto.”

Così Mario Dessy scriveva il 21 dicembre del 1920 nell'articolo “Uomini del giorno” dedicato all'arte di Petrolini .
Senza aver qui la pretesa e l'audacia di inoltrarmi in un confronto tra Andrea Cosentino e Ettore Petrolini, mi sembra però utile poter rileggere la seconda serata di “Novo critico,” con protagonista Cosentino e il suo Esercizi di Rianimazione, tenendo presente l'articolo di Dessy , che offre spunti di riflessione in merito alla comicità non -sense .
Perché ridete? Questo ad esordio del dibattito ha chiesto Claudia Cannella a noi tutti lì presenti.
E “Ma perchè ho riso tanto?” suggerisce Dessy agli spettatori di domandarsi , uscendo da teatro dopo aver assistito ad una spettacolo di Petrolini.
E' forte la tentazione di rispondere “Perché si”, la surreale e geniale risposta a tutte le domande che Petrolini ripete nei Salamini. Summa di scempiaggini e di cretineria.
Sarebbe la risposta più opportuna dal momento che, come Dessy sostiene “ [...] la grande comicità di Petrolini è al di fuori del gesto, della smorfia, della truccatura e dell'impostazione più o meno stonata della voce. Sono dei fattori che servono ad ampliare la sua comicità ma non ne sono la fonte. Il motore della sua comicità è racchiuso nel segreto della nuova logica che impone al pubblico e che del pubblico s'impossessa. L'arte e la comicità di Petrolini sono tutta una costruzione al di fuori di ogni logica umana anzi sfidante la logica comune e il comune buon senso”.
E gli Esercizi di rianimazione di Cosentino, sono sostanzialmente una sfida. Sfida che l'attore lancia a sé stesso, al pubblico, al teatro e alla logica.
Poche sono le parole o frasi a cui ricorre, prevale la (anti)-manipolazione, rifuggire dal senso ad ogni costo, di oggetti scelti casualmente (una parrucca , una spugna, pezzi di barbie e bambole, una maschera). Lo vediamo arrabattarsi sul palco, senza una struttura precisa, come da sua stessa ammissione, è un gettarsi. E' il gesto artistico ad essere prioritario, la sua effettiva esecuzione e le modalità hanno minore importanza. Non c'è nulla da analizzare. C'è un attore, ma soprattutto un pensatore e un teorico, che vuole sperimentare sfruttando l'occasione di un pubblico non pagante, e quindi anche più disponibile ad uscire dalla sala, perché no?, insoddisfatto.
Si sperimentano pensieri e non forme. E il tentativo è a tal punto ardito che una paperella e una gamba di barbie più in là c'è l'abisso.
In fondo Cosentino corteggia e circuisce un vuoto. E' un adulto con una trombetta che va in bici senza mani sul limitare di un pozzo. Non c'è alcun motivo apparente perché questo avvenga, ma rimane “la cosa più onesta che possa fare”. E noi lì che si ride di un riso smorzato. Prorompe improvviso, sottratto alla coscienza, e subito raggelato dalle redini della razionalità.
Questo è possibile perché è la performance a stabilire le regole nel momento stesso in cui accade. Il rapporto col pubblico viene ricercato ma continuamente e volutamente messo in discussione. Si è distanti da quella complicità a priori tra pubblico, di nicchia e intellettuale, e artista, tipica del teatro di ricerca.
Sul pubblico italiano degli anni '20 , Dessy si esprime in questo modo:
“Perchè il pubblico italiano è persuaso che certi valori artistici, nel teatro siano monopolizzati unicamente da coloro che recitano il dramma o la tragedia, o tutt'al più da quegli attori, comici sì, ma che si producono in vere e proprie commedie serie, in fondo ben costruite. Cosicchè è disposto a chiamare artista un mediocrissimo attore che recita una tragedia in costume o piuttosto che riconoscere essere le smorfie, i lazzi, e le invenzioni di Petrolini su un piano altissimo di arte.”
La proposta di Claudia Cannella a Cosentino di provare a Rianimare il pubblico dell'Eliseo, pare confermare che lo scenario sia mutato di poco.
E l'impudicizia dell'attore occidentale, che entra in scena con la superbia e la presunzione che una volta al microfono avverrà l'epifania, di cui Cosentino parla, non può non far pensare al Gastone di Petrolini: l'attore che non ha orrore di sé stesso.

In conclusione, due domande : Quanta perdita di senso il teatro può sopportare? E Quanta perdita del senso del teatro possiamo noi tollerare?


Giada Oliva
Osservatorio critico Roma2

OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Secondo incontro



Secondo incontro: 15 ottobre 2010
Novo Critico 2010: Esercizi di Rianimazione
Andrea Cosentino incontra Claudia Cannella.

























Io, l’essere immobile. Osservazioni di uno spettatore assente

Sotto il vestito, nulla. Elegantissimo completo che sveste il corpo nudo dell’attore. Come a dire: apologia di una formalità informale. Non può essere un dettaglio casuale. E’ una precisa scelta. Un chiaro invito a porsi in un ottica del non senso comune. Una contraddizione in termini che prepara a quel “campionario di idiozie”, che bene descrive quanto a breve avverrà sulla scena.

Il corpo magro, si muove mollemente nella giacca. Le mani ciondolano esitando. Lo spazio scenico è simile ad uno stretto corridoio. Camminandovi, il corpo costruisce l’attenzione del pubblico disegnando traiettorie indecise: dagli oggetti al microfono, e ritorno. Il breve tragitto diviene lo spazio di attesa, dove è consentito chiedersi: che cosa succederà ora? Quale sarà la prossima mossa? E la prossima mossa arriva seguendo un percorso a tappe: scelta dell’oggetto, breve analisi delle sue caratteristiche fisiche e sonore, tentativo di animazione, sguardo attonito.

Una dettagliata quanto casuale Autopsia dell’immagine, che svela i meccanismi di rottura dell’oggetto, il punto di dissoluzione del senso logico e l’affiorare di connessioni ridicole.

Un Teatro di Figura dell’Orrore che spaventa e scompiscia nella misura in cui coglie impreparati di fronte alle molteplici e inaspettate possibilità del reale.

Chi ride esorcizza l’inquietante sospetto che nulla sia come sembri.

Chi ride ha paura che il giorno seguente, sotto la doccia, la spugna gli parli con la voce di Cosentino e gli ammicchi dal bordo della vasca, scrutandone le nudità.

Elena D’Angelo
Osservatorio critico Roma1

mercoledì 20 ottobre 2010

Osservatorio Critico Università Roma2


Secondo incontro - 15 ottobre 2010
Novo Critico 2010: Esercizi di Rianimazione,
Andrea Cosentino incontra Claudia Cannella.

Qual è il limite?

Qual è il limite che, se superato, fa perdere il plauso del pubblico? Fin dove ci si può spingere, giocando sul nonsense e sull’improvvisazione, senza temere di spezzare il legame con lo spettatore e al contempo l’afflato che spinge alla ricerca? Al pari di un cubo di spugna che tiene in mano e può nascondere numerose possibilità espressive solo scrutandolo a fondo (o, sarebbe meglio dire, giocandoci seriamente), l’artista Andrea Cosentino recepisce l’immediata reazione del pubblico, sulla quale inizia a creare un percorso che nessuno, né lui, né chi lo guarda, sa bene dove andrà a parare. Eliminare ogni scala gerarchica, l’attore è al livello dello spettatore, la parola d’ordine è ‘spiazzare’. ‘Disordinare’ e ‘cercare’, le sue compagne. Sulla scena si trova un insieme sparpagliato di cose, potenziali vitalità nelle mani di Cosentino, di cui si osserva la volontà costante di trascinare il gioco in una terra di nessuno, dove non appena si mette piede è necessario saltarne fuori, per cercare ancora, altrimenti svanirebbe la vena fanciullesca acuta ed attenta ad ogni particolare della materia che, tutta, indistintamente, da quella più nobile alla più povera, può sorprendere, emozionare. Lo studio prevede ripensamenti, idee solo accarezzate e immediatamente abbandonate; coi suoi esercizi, Cosentino più che mostrare un breve ritaglio di un prossimo spettacolo, ha introdotto lo spettatore al suo metodo che, con l’appoggio del suo compagno di viaggio, Francesco Picciotti, punta ad un teatro di figura, di palpabilità, metamorfosi e transizione, incapace di stabilizzarsi, perché chi si ferma è cresciuto. Uno spirito, quello di Cosentino, che si anima nella discussione con Claudia Cannella, che lo ha intervistato, e con l’uditorio per dire assolutamente la necessità di un teatro che faccia dell’immaginazione il suo stendardo di battaglia. Ovviamente una battaglia di bambini che giocano alla guerra, si ammazzano, muoiono e un attimo dopo sono di nuovo in piedi.

Laura Pacelli
Osservatorio Critico Università Roma2
18 ottobre 2010


Spicchi di raglio all’aglio
ai riccioli impepati di striature sorvolate;

Invasione parquet(ggiata) di giocattoli a granata
manipoli
di un padrone di baracca
messa in piedi a spray di lacca

che a fissarla basta un gesto
a mantenerla si fa presto
e a mangiarla in opinioni si fan tutti faraoni

di qualcosa che han capito
prima ancor che insista il dito
sul perché del desiderio
di mostrarsi poco serio

Ché se il serio fosse stolto
di codesto avresti il volto
da affogare tra le mani d’orsacchiotti in marzapane

e al cretino affideresti
la lungimiranza d’amabili resti
proiettando in bel farsetto quel che a quark finor s’è detto

Ma auscultando sott’orecchio
s’è poi perso l’intelletto
di quel genio fulminato
che alle ortiche hai regalato.

Poi maestra
la saggezza
del tuo dire in post scaltrezza
quando al muro
la Cannella
hai trattato da bidella

perché a piedi
dalla luna
t’ha gettato in una duna
domandandosi il perché
tutti ridano di te.

Maria Rita Di Bari
Osservatorio Critico Università Roma2
18 ottobre 2010
Osservatorio Critico Università Roma2

La svestizione dell’attore

L’accattonaggio di Artaud. Prima di tutto. Torna, ad introduzione della nuova performance di Andrea Cosentino, una maschera nota. A manovrarne i gesti, Francesco Picciotti, a simularne la voce (registrata e lontana), il suo primo inventore. Nel ristretto spazio di Kataklisma Teatro, il processo teatrale avviene per gradi, nel passaggio dall’esterno - piazza tanto agognata - all’interno.
Il tempo a sua volta pare invertire logica, in un ritorno al futuro che vede sparsi in un angolo cadaveri di oggetti da rianimare e con cui tentare il contatto. Instabile demiurgo è il corpo attoriale, quasi fantoccio, ancora non del tutto clownesco. Così, Cosentino rompe il filo logico del discorso, appigliandosi alla mimica e ad una sonorità necessaria. Qualche verso, l’assurdità di un discorso tra una papera di peluche e un ranocchio dalla personalità instabile, una lettura tra l’attore e il suo doppio. Nel jeu de vivre della scena non c’è narrazione ma processualità in atto, ricerca di possibili e ironiche relazioni tra la materialità del corpo e quella dell’oggetto. Si riparte dal non-sense, dal grado zero. Durante il dibattito è Cosentino a spiegare come al di là di un tema da raccontare, siano la domanda e la ricerca sulla propria presenza in scena a dar vita al tutto. Dietro la figura che rappresento, cosa sono io? L’agire attoriale si destruttura e il teatro torna a riflettere su se stesso. 
E’ forse questo il dato più interessante dell’esperienza presentata da Esercizi di rianimazione. E’ la svestizione dell’uomo-attore che freme e sembra patire nel tentativo di tirare la corda dell’assurdo, di far ridere solo a partire dalla semplicità. Non personaggi, dunque, né individualismi di sorta. La volontà paradossale di chi agisce è proprio quella di abbandonare il potere dispotico della rappresentazione a partire dalla neutralità. Così, un cubetto di spugna acquista la propria identità con un naso rosso, nell’annuire, nel diniego e nella sofferenza oggettuale. Un campionario di scemenze che ad un certo punto diventa sublime, dice Roberto Ciancarelli. E il pubblico ride di un “riso sgangherato”. Eppure siamo solo all’inizio: chiediamo che la corda si tiri ancora e che il clown irrompa con più crudeltà. "C’è da irridere un morto".      

Francesca Bini
Osservatorio Critico Università Roma2
19 ottobre 2010

INTERVISTA DI KLP AD ANDREA COSENTINO, FRANCESCO PICCIOTTI E CLAUDIA CANNELLA

INTERVISTA DI KLP A ANDREA COSENTINO, FRANCESCO PICCIOTTI E CLAUDIA CANNELLA

SECONDA SERATA.: ANDREA COSENTINO - IL VIDEO



a cura di Klp

martedì 12 ottobre 2010

Il secondo appuntamento in calendario è


Venerdì 15 ottobre ore 21
SPAZIO KATAKLISMA

Via G. De Agostini 79 - Roma


ANDREA COSENTINO

incontra
CLAUDIA CANNELLA


Nel secondo incontro di Novo Critico:
Esercizi di Rianimazione


di
Andrea Cosentino e Francesco Picciotti
collaborazione artistica Dario Aggioli, Sergio Lo Gatto
produzione Mara'samort – Pierfrancesco Pisani



Un’esercitazione sulla praticabilità della scena, sulla fattibilità dei gesti, sull’abitabilità dei corpi. Con maschere, pupazzi, oggetti. Giocare ad animare per animarsi. Accennare mondi e disfarli. Per un pubblico di bambini e adulti. Per noi stessi. Prima di ogni distinzione. Una ripartenza.


Venerdì 15 ottobre Andrea Cosentino, attore, autore, comico e studioso di teatro presenta Esercizi di Rianimazione, un’esercitazione sul teatro di figura finalizzata alla reinvenzione di grammatiche teatrali sghembe e divertenti.

Una non - storia per far nascere le figure dagli oggetti e dai pezzi di corpo, farle agire, aspettare che vivano, che s’incontrino.

Cosentino si diverte a riattraversare l’infanzia non per assecondarla, ma per reinventare nuovi orizzonti e per trovare domande inevase, giocare a recitare partendo dal grado zero, dove inventare regole nuove e poi giocare a disfarle.

Un progetto di spettacolo dove giocare con l’ausilio di cose, per non restare ostaggi dei personaggi e delle loro psicologie ma per essere liberi di reinventarsi miriadi di corpi.



ANDREA COSENTINO Attore, autore, comico e studioso di teatro. Tra i suoi spettacoli 'La tartaruga in bicicletta in discesa va veloce', il ‘dittico del presente’ costituito da L'asino albino e Angelica (i cui testi son pubblicati in Andrea Cosentino. L’apocalisse comica, a cura di Carla Romana Antolini, Roma, Editoria e spettacolo, 2008), Antò le Momò-avanspettacolo della crudeltà e Primi passi sulla luna. In questi ultimi lavori si avvale della collaborazione registica e drammaturgica di Andrea Virgilio Franceschi e Valentina Giacchetti. Le sue apparizioni televisive vanno dalla presenza come opinionista comico nella trasmissione AUT-AUT (Gbr-circuito Cinquestelle) nel 1993 alla partecipazione nel 2003 alla trasmissione televisiva Ciro presenta Visitors (RTI mediaset), per la quale inventa una telenovela serial-demenziale recitata da bambole di plastica. E' fondatore del PROGETTO MARA'SAMORT, che opera per un'ipotesi di teatro del-con-sul margine, attraverso una ricerca tematica, linguistica e performativa sulle forme espressive subalterne, e promuove il format paratelevisivo autarchico Telemomò.



FRANCESCO PICCIOTTI è laureato presso il Dams di Roma 3 con una tesi/spettacolo dal titolo Brecht’n Puppets; è co-autore e regista di Elettra Riletta, Drei Liter, e altri spettacoli in cui utilizza il teatro di figura, mescolandolo con il teatro più tradizionale, per cercare nuove possibilità di messa in scena. Scrive e dirige il corto teatrale Genesi aperta con cui partecipa a diversi festival e vince il premio per il miglior corto e per la miglior drammaturgia al festival nazionale In-breve. Dal 2005 lavora con il teatro dei burattini San Carlino di Roma per cui recita, scrive e dirige alcuni spettacoli tra cui Il flauto magico...di Pulcinella in scena presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma. Lavora come assistente alla regia per il Teatro delle Apparizioni, e come attore-improvvisatore nell’associazione Teatrate organizzatrice, a Roma, dei Match di Improvvisazione Teatrale. Ha lavorato per il Teatr Lalek di Breslavia, in Polonia. Idea e costruisce personalmente burattini, marionette e pupazzi con gommapiuma, carta, cartapesta.


CLAUDIA CANNELLA
Claudia Cannella si è laureata in Lettere Moderne all’Università di Pavia e ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia del Teatro all’Università di Firenze. È giornalista pubblicista dal 1992 e, dal 1998, dirige la rivista Hystrio-Trimestrale di Teatro e Spettacolo dove ha cominciato a lavorare nel 1990. È collaboratrice fissa, per quanto riguarda il teatro di prosa, del Corriere delle Sera (dal 2000) e del suo inserto Vivimilano (dal 1995). Sempre in ambito teatrale, ha collaborato anche con Pass Milano, Ridotto, Ricordi Oggi, Il Castello di Elsinore, Drammaturgia, Il Patalogo. Fa parte delle giurie di alcuni premi teatrali (Premio Hystrio, Premio Ubu, Premi Olimpici per il Teatro, Premio Ugo Betti). Ha ricevuto il Premio al Merito per la Giovane Critica 1996, attribuito dal Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti/Associazione Nazionale Critici di Teatro, e i Premi “Diego Fabbri” e “Franco Sacchetti” per Il Teatro del Cielo. Cinquant'anni di storia dell'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato (a cura di U. Ronfani, Milano, Lupetti, 1996).


ingresso libero su prenotazione

info e prenotazioni:
tel 349 2834261
novocritico@gmail.com
novocritico.blogspot.com



mercoledì 6 ottobre 2010

appuntamenti tra critica e nuova scena performativa


Otto compagnie di teatro e due di danza incontrano la critica in un contenitore ad hoc, unico nel suo genere in tutta Italia. Un progetto ideato da Elvira Frosini in collaborazione con amnesiA vivacE e le Università La Sapienza Roma Uno e Tor Vergata Roma Due, per un dialogo fra artisti, critici e studenti e con il partenariato della Fondazione Romaeuropa, da sempre attenta a mostrare ed attuare un percorso di attenzione e sostegno ai nuovi fermenti e linguaggi della contemporaneità.


Si apre l’8 ottobre la seconda edizione di NOVO CRITICO – Appuntamenti tra critica e nuova scena performativa, un progetto che si rivolge al ricco fermento dei linguaggi della nuova scena performativa, e prevede la partecipazione di dieci compagnie di teatro e di danza provenienti dal territorio romano e da quello nazionale, per offrire un panorama articolato e approfondito sulla nuova scena e il rapporto con la critica e il pubblico

Dieci incontri ad ingresso gratuito, pomeridiani o serali, in diversi spazi della città (Spazio Kataklisma, in zona Pigneto, Università Romadue, Kollatino Underground) dove gli artisti presenteranno una prova aperta della nuova produzione oppure un estratto di lavoro che delinei il loro percorso artistico. A seguire il critico coprotagonista dell’incontro interverrà elaborando riflessioni sulla produzione in scena, e gestirà un dialogo con l’artista e il pubblico sul percorso creativo in atto, sulle pratiche adottate e sul processo di elaborazione.

Non solo una rassegna, dunque, ma un percorso aperto di performance, prove aperte e work in progress che si attua insieme ai critici, avvicinandoli agli artisti e al loro lavoro, in un calendario di appuntamenti che ha lo scopo di delineare una nuova pratica di riflessione ed uno scambio dialettico tra artisti e gruppi della scena contemporanea, il pubblico e la critica, in particolare la “nuova critica”, scelta non solo come interlocutore privilegiato, ma anche e in primo luogo come attore di questo processo.

Fra i partner del progetto, inoltre, ci sarà Krapp's Last Post, klpteatro.it, rivista in rete specializzata nella critica e la diffusione della cultura teatrale, che realizzerà interviste video ai critici e agli artisti pubblicandole su web, e i video documentativi degli incontri. Il lavoro e la complessità delle implicazioni, le domande, le questioni emerse saranno quindi continuamente monitorati e pubblicati, rendendo possibile anche un ampliamento del dibattito e della riflessione.

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