lunedì 27 aprile 2015
OTTAVO APPUNTAMENTO : IL VIDEO INTEGRALE
e incontro con Katia Ippaso
10 novembre 2010 - video integrale
video di klpteatro.it
lunedì 31 dicembre 2012
SESTO APPUNTAMENTO : IL VIDEO INTEGRALE
e incontro con Florinda Nardi
3 novembre 2010 - video integrale
video di klpteatro.it
sabato 5 febbraio 2011
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Decimo incontro
333.7993661
Lo studio si presenta sotto forma di episodi. Il primo episodio o della donna-pesce è attraversato da originali riflessioni sulla forza dirompente della visione laterale e da chiari riferimenti a certi panorami inquietanti della cinematografia degli ani ’70-’80: Funny Games di Haneke e Strade perdute di Lynch. In un certo senso la dimensione onirica, dissacrante e inquietante dei frammenti citati durante il primo episodio, si presta bene all’umore dello studio presentato dall’Accademia degli Artefatti: i dialoghi degenerano sempre in sit-com paradossali, costellate di nonsense, di perdite momentanee di memoria, di inversioni dei ruoli. Il gioco è accattivante, per certi versi divertente, ma in qualche modo rallentato e reso prolisso dalla presenza dei copioni in scena: la lettura degli attori dilata i tempi della rappresentazione creando spazi vuoti che i performers riempiono sovraccaricando il repertorio gestuale ed espressivo di ornamentazioni, abbellimenti, modulazioni, fino a dare vita a perfette caricature di se stessi.
La seconda parte dello studio si apre col dirompente ingresso di un attore nudo dalla cintola in giù, interessante pretesto per indagare le dinamiche dell’attenzione, che scivola purtroppo in un più scontato gioco di doppi sensi sulle esigue dimensioni del membro. Peccato.
Il terzo episodio o dell’interrogatorio risulta molto interessante grazie alle evidenti capacità dei due attori che si muovono in sincronia perfetta lungo le traiettorie del testo: movimenti, toni, espressioni, tengono viva l’attenzione che altrimenti si perderebbe seguendo le linee confuse di un dialogo che procede a stento sul terreno scivoloso dell’assurdo.
L’ultimo episodio o dei pacchi, pur rievocando atmosfere beckettiane –i due protagonisti dell’episodio sembrano due moderni Vladimiro ed Estragone nell’attesa attuale di un significato che sfugge- non riesce a staccarsi dall’impianto teorico-demagogico sul concetto di libertà e democrazia, lasciando inattuate le possibilità di una nuova clownerie di acrobazie del quotidiano.
Elena D'Angelo
Osservatorio critico Roma1
lunedì 31 gennaio 2011
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Nono incontro
Novo Critico 2010. Ambra Senatore incontra Rodolfo Sacchettini
Passo
Parrucca verde, Vestito nero.
L’immagine si moltiplica. Due corpi identici che in maniera identica si muovono nello spazio, raccontando una storia di gesti quotidiani, consueti. La mano che sistema i capelli dietro l’orecchio: istantanea di un’umanità che vuole rivelarsi nel flusso dell’agire danzato. Dalla superficie indistinta del movimento affiorano come guizzi dettagli che svelano l’individualità, spesso legati ad un errore volontario nell’esecuzione della coreografia. Come a dire: è nella deviazione dalla norma che l’individuo può sperare di affermare la propria unicità.
Tra gli applausi i miei occhi aspettano ancora, da dietro la tenda: Parrucca nera, Vestito verde. O ancora meglio: Parrucca verde, Vestito nero.
Elena D'Angelo
Osservatorio critico Roma1
L’inciampo
Laura Pacelli
Osservatorio critico Roma1
Daria Deflorian ha scelto di non presentare alcun primo studio.
Da sottolineare questa volontà, non dettata dalle circostanze, di soffermarsi con e sulle idee prima di metterle in pratica. James Hilmman le fornisce il sostegno teorico “[...]le idee perdono vitalità quando vengono concretizzate. Devono essere covate per farne uscire di migliori”.
Ecco mi pare buona cosa questo suo non cedere all'ansia del risultato, al ricatto della formalizzazione e della produzione immediata. La necessità quindi di sostare, assecondare i tempi del pensiero,e non precipitarsi.
E' il rifiuto di quella che la Deflorian definisce la “condanna dell'esposizione”.
Che un artista cerchi il confronto col pubblico in questa fase iniziale di creazione, è raro.
Quando ad esistere è solo l'idea, nuda, senza ancora una traduzione scenica, esporsi al giudizio esterno può essere prematuro ma anche stimolante.
Ambra Senatore, diversamente dalla sua collega ha scelto di non cogliere questa occasione. Ci ha mostrato un estratto da “Passo”, spettacolo che ha già avuto modo di girare e ricevere riconoscimenti. Ha ritenuto opportuno dover necessariamente “mostrare”. Difatti il nuovo lavoro quello annunciato, tarda a vedere luce. La Senatore ce lo fa intuire nella discussione con il critico Rodolfo Sacchettini , esponendo anche i propri dubbi in merito alla sua idea iniziale : costruire un percorso di movimenti che compongano immagini cinematografiche. Nel dichiararsi probabilmente non all'altezza delle sue intenzioni , e nell'esprimere la preoccupazione di venir meno ad una certa tempistica, la Senatore ci ricorda che la creazione ha i suoi tempi. Tempi spesso dilatati, che possono portare a non essere “in tempo”. E mentre pensa e tentenna, ci racconta di come l'osservazione della realtà sia la sua principale fonte d'ispirazione: l' anziano marito che aiuta la moglie a salire tirandola lentamente per un braccio è un intero mondo di gesti, pose e atteggiamenti.
Errare è umano, si dice.”Passo” è volutamente disseminato di errori o “pennellate di umanità”, che intaccano l'apparente perfezione della danza. L'umanità è tutta in quelle mancanze,i n quei vuoti, in quel qualcosa che non torna e che devia dalle aspettative, è nel rifiuto della pienezza e della riproducibilità. Tutto questo è anche molto ironico. Ci si chiede allora cosa sia l'ironia e ci si interroga su i meccanismi del comico, che sono imperscrutabili e di difficile spiegazione. La comicità è in fondo una questione di tempi, non riproducibili con esattezza e precisione.
Giada Oliva
giovedì 20 gennaio 2011
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Ottavo incontro
Sé come un altro.
Daria Deflorian sceglie per il pubblico di Novo Critico il racconto dell’idea cardine di Reality, futuro spettacolo che la vedrà protagonista insieme ad Antonio Tagliarini. Nessuna rappresentazione dunque, ciò che abbiamo al momento è la folgorazione di un inizio, l’incubazione entropica di un’idea. L’incontro con il soggetto, racconta l’artista, avviene durante un’assolata domenica di marzo: Daria si imbatte per caso nella storia di Janina Turek, casalinga di Cracovia che dal 1943 al 2000, anno della morte, racconta i dettagli della propria quotidianità senza interruzione e senza mai renderli pubblici. A poco a poco, la scrittura diventa il suo mestiere: i più banali e irrilevanti dettagli vengono annotati su 748 quaderni, quasi si trattasse di libri contabili. Janina non scrive mai di sé, e quando accade lo fa in terza persona, guardandosi vivere. L’intuizione artistica è imperiosa, categorica; il primo impatto fortemente emotivo. Ossessione patologica o meno, poco importa. Il racconto della Deflorian è commovente e commosso, la sua immagine della donna che spiò se stessa quasi come fosse una necessità imprescindibile, è felice e rispettosa. Forse ancora troppo partecipata. Per la domanda di Katia Ippaso sulle modalità della messa in scena non c’è ancora una risposta precisa. Ciò che è certo sono i molteplici interrogativi che la storia pone agli artisti e al pubblico. E il futuro titolo sintetizza e non lascia scampo: Reality contiene in sé il rapporto tra il reale e la sua rappresentazione. Ci troviamo ancora una volta a riflettere sul paradosso del Teatro, che è per definizione vita artificiale, si, ma partecipata, e che tanto si discosta da quella voyeuristica visione da guardoni che è propria invece del moderno Reality Show. Bisogna lavorare per sottrazione allora, ad eliminare del tutto quel termine mancante. E’ lo stesso lavoro di Janina ad aprire la strada mettendo in gioco la dialettica tra pubblico e privato, tra dicibile e ineffabile. Apparentemente i suoi scritti sembrano inserirsi in un circuito chiuso che elude tanto la dimensione del proprio vissuto emotivo, quanto quella collettiva. Una macchina puntigliosa ferma sulla carta significanti sterili e matematici, dove pathos e ethos si annullano. Eppure, sostiene la Deflorian, l’azione di questa donna sembra aver a che fare con un altrove non raccontato, con una dimensione metafisica da indagare, quasi che la scelta volontaria fosse quella di celare l’essenziale. Inoltre, aggiungiamo noi, se da una parte il soggetto sembra oggettivarsi solo attraverso un’indagine privata e analitica del sé, dall’altra, fanno riflettere la continuità e la decisione di conservare questi scritti. A futura memoria. Nessuna violenza dunque, così come ha suggerito qualcuno. Un tradimento necessario, certo. Di fronte ad un’individualità scissa tra il detto e il non detto – ineludibile punto di partenza- si pone lo sguardo critico dell’arte, a dialogare con la Storia passata e presente, a riflettere sulla propria identità e sulla propria dimensione quotidiana.
Francesca Bini
Osservatorio critico Roma2
domenica 16 gennaio 2011
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Sesto incontro
Teatro Forsennato incontra Florinda Nardi.
Due attori siedono sul tavolo della commissione d’esame.
Cadute le barriere didattiche ci ritroviamo in un manicomio: sullo sfondo la figura di Carlo Angela, direttore della casa di cura torinese per malattie mentali “Villa Turina Amione”. E’ qui che durante la dittatura fascista Angela salvò, facendoli ricoverare e insegnando loro a simulare le condizioni dei “veri” malati mentali, un gran numero di antifascisti ed ebrei. I protagonisti sono Enrico - Dario Aggioli- fascista che soffre di autismo, e Ferruccio – Angelo Tantillo - ebreo che finge la follia per eludere le leggi razziali.
A risposta di una domanda non formulata,
Enrico si alza: sa ciò che deve cantare e sembra goderne.
Faccetta nera..bell’ abissina…
Aspetta e spera che già l’ora s’avvicina!
Godimento autistico e più che mai illusorio di chi si sente finalmente parte di un sistema.
Enrico ha bisogno della “maschera fascista” e sarà Ferruccio, l’ebreo,
a porgergliela come se fosse un gesto quotidiano, abituale.
Il frammento della nuova produzione di Teatro Forsennato viene presentato al pubblico due volte e interrotto da una discussione tra il regista-attore Dario Aggioli, e il suo compagno di scena. Tra la rappresentazione e la teoria del suo farsi non ci sono tempi morti. La seconda volta si notano il cambiamento e in alcuni casi, le migliorie. Siamo di fronte a un atto performativo meta teatrale molto più esaustivo delle discussioni successive. All’apertura del dibattito vengono comunque chiariti alcuni punti relativi al modus operandi della compagnia: l’utilizzo di un canovaccio autoriale, la pratica improvvisativa, l’inclusione attiva dello spettatore. E’ nel manifesto programmatico di Teatro Forsennato l’intenzione di rivalutare il carattere unico e irripetibile dell’evento spettacolare, a curare il dettaglio del contingente, l’interstizio mutevole del reale. Interessante l’uso della mezza maschera della Commedia dell’arte come strumento di studio da abbandonare lungo il percorso. A tale proposito: i costanti riferimenti alla Commedia all’improvviso, necessari a nient’altro se non ad una sterile categorizzazione, sono sembrati a tratti anacronistici. Nonostante l’utilizzo di alcuni strumenti noti, la volontà della compagnia non sembra certo essere quella di un revival della Commedia dell’Arte, quanto piuttosto il riconoscimento di un metodo utile al proprio lavoro.
Ma qual è il punto secondo me importante della mezza maschera?
Che togliendosela, l’attore deve finalmente capire che è lui stesso, tutto se stesso, una maschera.
A quel punto sei diventato un attore, un attore vero.
Leo de Berardinis-
Francesca Bini
Osservatorio critico Roma2
TRITOLO&DINAMITE
L’han detto.
Forse poi l’han pure fatto.
Che tremendo risveglio l’interruzione da un sogno che ti parlava come fosse verità.
Han zittito una platea esigua,è vero,ma pur sempre rispettabile.
Forse no invece,la memoria mi zoppica e a focalizzar ben bene Dario Aggioli e Angelo Tantillo (Teatro Forsennato) il pubblico l’hanno fagocitato.
E poi gli è toccato scontarla lunga per aver affermato quel che in pochi hanno digerito.
Un ebreo che fugge morte
dal mirino della sorte
in un’epoca lontana
che esigeva razza ariana
e che fronte ad uno specchio
si trasforma nel soverchio
di sua mente sana e lucida
in un’altra tarda e impudica
che rinchiusa già dov’è
canta “ Viva il nostro Re!”
ben convinto che il regime
sia l’amico da obbedire.
Lo han detto e poi lo han fatto.
“ Nei nostri lavori,abbiamo scelto di superare gli psicologismi”.
“Stanislavskij se n’è andato!”
Questo pare ormai assodato
col suo metodo interiore
che ti suscita il fervore
per un che da recitare
come fossi tu a parlare.
Cacciavite poco pratico
tanto che ti rende apatico
della voglia d’esplorare
nuovi muri da forare.
Degli avvitatori è l’epoca
non si turbi la poetica
che se il risultato è quello
non fissarti sul fardello
di qualcosa che s’è spento.
Attenzione platea cara
la notizia non è amara
ma che a voi sia bell’è chiara:
superar NON ignorar
nonostante all’infinito
di grammatica condito
faccia rima con il verbo
che si coniuga alla prima
delle tre la più cospicua.
E’ paura quel che inganna
la risposta di un programma
che sol vede sulla forca
la sua antica e ordita trama
che sul volto alliscia e chiama
la filosofia d’un mito
che l’Aggioli ha sostituito
con proposte ben nascoste
che non sparano alla storia
ma ne cercano di nuova.
A tal punto è cosa stanca
la pretesa che v’arranca
di fissarvi sull’idea di saper
se l’ebreo e il folle (che di stile non è molle)
abbian costruito i tipi
sui colori stabiliti
dall’analisi freudiana
che sua gonna fa campana.
Fuor dal vetro invece un coro
che la psicologia è d’oro
pur mostrando che alle volte
fa da sé la buona sorte
che ti da in eredità
quattro maschere a metà
che col nuovo van riempite
di tritolo e dinamite
per qualcosa da cercare
ma altresì da superare
in quel che chiamano intelletto
dell’attor sotto al berretto
che la psiche è cosa certa
ma superata è l’era di sua scoperta.
Maria Rita Di Bari
Osservatorio critico Roma2
martedì 11 gennaio 2011
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Quinto incontro
Elvira Frosini incontra Massimo Marino
UN PRESEPE DIGERIBILE
Quanta importanza accordiamo alle parole postume di un demiurgo che sino al precedente istante era affaccendato ad addomesticare fil di ferro per restituirlo in nastri da ritmica a chicchessia ce lo spiega invece l’insistenza (anche questa più che lecita) di un pubblico critico o meno che ha la necessità incontinente di riempire taccuini mentali con appunti precisi agognando risposte preferibilmente logiche che provengano dalle note narrative di colui che t’ha appena regalato il massimo di quel che avrebbe potuto.
Quanta sottrazione subisce il simbolo per una smania tutta umana che dia garanzia
d’esaustive spiegazioni,quanti pasti siamo soliti regalare alle audio guide,alle didascalie,ai bugiardini, l’ha smentito Elvira Frosini nell’andamento incerto e multiforme col quale ha viaggiato attraverso il curioso dibattito successivo al primo studio su“Digerseltz”,mostrando e dimostrando che l’opera d’arte non ha padroni e non accetta di essere costretta a dar conto d’interpretazioni definitive.
Senza risposte
per le aragoste
avanzò l’orecchio alle proposte
spastiche
di sentenze drastiche
che in fila col numeretto
smaniavano in sala d’aspetto
per così dire
giocarsi la briga
d’intervenir con letture votate alla sfiga.
Ella,
che ironica e baronica
ne plasmò la sostanza
non seppe azzardare
se fosse Pop il pozzo in cui cercare
o canonica la causa
giù nei riposi di santa Costanza.
Scivolò nelle scarpette
basse, elastiche e nerette
da quei sugheri rialzati
che bei chiodi li han domati
per seder di petto al branco
tolto il crine giallo stanco.
Domandò a chi l’ebbe vista
quale fosse miglior pista
se d’un personaggio rosa
o d’un coro maschio a chiosa
tutto intento a rovesciare
quel che donna tende a fare.
Non d’un opera finita
volle messaggiar schermita
ma d’un fare in divenire
che sue trame ha da cucire
che sia d’uopo la platea
nel prestarsi in assemblea
ma d’ellenica visione
non d’un talk per estensione.
Lei vorace Minotauro
bocca affoga dentro al calco
di ventenni bianco talco
che per vanto di maestà
fatti a pezzi squarterà.
Cibo a sbafo,a volontà
guarda è lei,la sazietà
che s’attacca alla condanna
di bignè gonfi di panna
al colletto impiegatizio
che gli picchia forte il vizio
di quel pomo ormai ingrigito
ben distorto in un vagito.
Tutto è scatola di latta
da ingoiare a suon di Ta-ta
perchè divorare è un’arte
pari a una partita a carte
quando arriva l’uomo giusto
via con l’asso piglia tutto
e se in men che non si dica
togli il naso dalle dita
è per dar conto allo specchio
che t’insulta che sei vecchio.
E se non mangiassi più?
Zitto,arriva Belzebù
che se il bimbo è inappetente
la paura vien che il dente
di un vampiro nel midollo
non poi tanto più indolente
venga a stuzzicarti il collo.
Quale il ponte e il suo confine
tra il mangiar e il restar fine
quale invece sia l’inganno
dell’onnivoro nell’anno
di questore in breve carica
che sua pancia riempie e scarica.
Come provocar reazione
della razza in estinzione
che s’ottenebra ingoiando
e che poi lo fa parlando
senza più posar giudizio
sull’andare del suo vizio
di cantar buon compleanno
a una festa benedetta
in cui abbrustolir capretta
tutto questo ben condito
da un cristiano,probo invito.
In ginocchio una Madonna
d’altri tempi
assai moderni
che l’ha valicato lei
il confine coi plebei
e richiama il bel convivio
d’una cena da spartire
tra lo stomaco e il cervello
che compagni in un ostello
si ritrovan paghi e sazi
della vita e dei suoi strazi.
Eccolo,il presepe vivente. Parlante. Brulicante d’uffici viziati.
Eccola,la bocca sociale impazzita,confusa tra l’ingurgitare immagini intrise di strutto e la totale astensione dal cibo.
Eccola,la bocca dove i denti del giudizio non hanno più ragione di crescere.
Eccola,la pecora nera barricata sul confine di una pazzia che non si può più sciogliere in un Digerselz.
Osservatorio critico Roma2
domenica 2 gennaio 2011
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Quarto incontro
Udito
Tatto
Olfatto
Gusto
Artista
Si può
Si deve
Essere spettatori ad Arte. Per sé.
Ad arte
Le macchine.
L’uomo è una macchina perfetta!
No, l’uomo è il più imperfetto, e per questo imprevedibile, robot che si possa immaginare.
Tutto scorre in te in direzioni uguali e contrarie
Dal centro alle periferie
Dalle periferie al centro
La sensazione del bracciolo che tocchi viaggia verso il tuo sguardo che muta il sapore che hai in bocca fino a toccare ciò che odi e a tramutarsi in ciò che annusi
Aria polverosa
Secca
Umida
Puoi fare qualcosa di tutto ciò che viene fatto di te.
Tutto ciò che ti viene dato può essere trasformato; tu non immagazzini dati, idee, immagini ma sei chiamato a ricostruirli, a tuo gusto, nelle tue possibilità, che nessuno sa quali siano. Per quanto cerchi di far rientrare ogni cosa in una pagina da microsoft excel non sei fatto solo per questo.
Sei fatto per uscire dalle righe e dalle formazioni.
Sei fatto anche per reinterpretare
Acquisire e trasformare
Per prendere “Una”, mangiarla, annusarla, guardarla, toccarla, ascoltarla
E trasformarla
Così è, se vi piace
Da profano della danza quale sono non ho che preso le suggestioni dell’artista per ricondurle ad un immaginario che mi era familiare, in un atteggiamento che, mi sembra di aver capito, fosse quello auspicato da Alessandra Sini.
Incapace di lasciar scorrere pure e semplici emozioni il mio cervello ha costruito una storia intorno alle coreografie della danzatrice, evocando un mondo di donne “prime”, intente alla scoperta del proprio corpo e del mondo circostante; non ho potuto fare a meno di vedere un che di mejercholdiano nella studiatissima goffaggine della Sini e nel suo, per me evidente, ritorno ad una primitività, si potrebbe dire ad una “prima danzatrice”.
Ciò che mi ha turbato è stato sentire nelle sue parole, durante il dibattito, una sorta di accanimento verso questa danza da cui proviene, quella classica, che mi ha fatto leggere lo spettacolo come una sorta di critica alla danza piuttosto che l’espressione di un’esigenza artistica; ma forse questa impressione è stata anche dovuta alla stretta focalizzazione sulla danza e sul mondo della danza e sulla storia della danza che la critica Rossella Battisti ha tenuto per tutta la durata dell’incontro.
Gabriele E.
Osservatorio critico Roma2
Statuaria in movimento
L’arte della danza, pure. /…/
La danza è un’evasione, il mimo un invasione.
Il danzatore non è neppure danzante, è danzato. Non trasporta niente, neanche il proprio corpo; è trasportato dal corpo, che è trasportato dalla danza.
L’operaio, al contrario, comanda a se stesso il movimento che gli è stato comandato. Il ritmo della danza è un vento che la spinge e il ritmo del lavoro è un respiro che il lavoro spinge.
Il mimo fa il ritratto del lavoro, la danza il ritratto della danza, perché chi danza sulla scena, danza al di là del suo bisogno. Quindi soffre. Traduce i movimenti naturali della danza istintiva in movimenti anti-naturali. Quindi soffre. Distende un sorriso sul suo dolore. Ma perché distende un sorriso sul suo dolore, se non in ricordo del suo modello, che è gioia che fiorisce in sorriso?”
C’è chi, ancora oggi, tende a separare e contrapporre mimo e danza dimenticando forse un po’ troppo rapidamente i contatti e le reciproche influenze dirette e indirette che invece le due discipline sorelle ebbero. Certo, ciascuna nel proprio specifico linguaggio, ma esse non mancarono, e non mancano tutt’oggi, di inseguire tuttavia percorsi di ricerca che, a volte sotterranei, attingono a linfe vitali comuni.
“A guardar la danza come il teatro
si fa peccato!”
Si sentenzia a voce grande
che per l’aere poi s’espande
la visione in estensione
d’un’arte panoramica
sospesa e assai dinamica
che il cinema ha sfiorato
nel catturar l’ascesi
della sua metacinesi
svelando in movimento
quel che l’atto porta dentro
come casuale trasmissione
di programma in televisione.
Poi pronto s’alza il Timpano
che squilla quale Zampano/(ò)
e squaglia l’opinione
in spot neurovisione
e ad ascoltarla bene
il riso non si trattiene
nella semplice scoperta
del flash in macchinetta.
Lui passa tra le nuvole
mirandole ormai stufe
dei mille pollicini
che le scambian per gattini
e dubbioso
e generoso
lui Arsenio
si fa genio
e accoglie la proposta
del ciel che si rivolta
e grida alle sue ciurme
di finirla col multiforme
che una nuvola
chissà
sempre quella rimarrà.
La danza
è un po’ così
tutti dicono di sì
se lo sguardo s’è riempito
lo spettacolo è gradito
della forma cinestetica
non dia conto la poetica
che soccorre libertà
figlia di curiosità.
La danza di Alessandra Sini è sembrata la proposta di cogliere e raccogliere dal vaso di una Pandora democratica e freudiana quel che più ricordi all’occhio di colui che scruta la reminescenza atavica di un qualche quid smarrito nel tempo.
Un estratto in cui “Una”, nella realtà della sua completezza, prevede un dialogo fisico costruito sulla presenza di “un’altra”, assente nel contesto odierno, la cui mancanza non stenta a farsi materia lasciando libero il pensiero di guardare al vuoto di una metà che comunque si percepisce quale luogo occupante energia viva. Sua sorella: il completamento di un cerchio che la Sini percorre di fatto, sola, ma sicuramente accompagnata in una gestualità carica di tensione nella ricerca del tassello mancante.
E mi pare di poter dire che nella ricerca di Alessandra Sini, nel suo insistere sulle posizioni richiamanti la statuaria, per esempio, risiede parte del lavoro compiuto dal padre del mimo moderno. In un susseguirsi di posizioni ove la Sini ha marcato l’idea della mobilità dell’immobile, restituendo attraverso la tensione definita di una carne che grazie ad una formazione severa “arriva a fare cose che non tutti hanno la capacità di fare” l’autrice di “Una”, volontariamente o meno, mi sembra abbia riportato in vita quel che Decroux ha tentato di ricamare ad arte sul corpo del mimo, partendo dalla convinzione che la statuaria fosse l’esempio perfetto da seguire e da scavare sulle tensioni e sulle intenzioni fisiche del movimento.
Trovare e restituire una dinamica all’immobilità della materia.
Nella sua entrata scenica attraverso il primitivismo curvo di una camminata ci si convince che risieda molto più di quel che s’è visto, e viene la curiosità di seguirla ancora nei percorsi atavici trasferiti su chissà quale nuova era. Ma soprattutto venga “il nuovo” che, come la Sini ha cercato di far capire, è stato straziante per lei ricostruire a partire da un corpo segnato profondamente dalle prime esperienze di danza classica, ma che è giunto fino all’indipendenza artistica che ora le dà un voluto, agognato, filo da torcere.
Mea culpa a nome di tutto dell’osservatorio critico se per “prendere” senza “pretendere” si è scivolati in un silenzio che a posteriori ci si sforza di riempire nella speranza che prosegua un dialogo con tutti gli occhi che, come i nostri, si sono affacciati sul palco dell’Auditorium Universitario per prendere parte attiva a questa preziosa e rara iniziativa.
Osservatorio critico Roma2
mercoledì 1 dicembre 2010
venerdì 3 dicembre ore 18
OPIFICIO TELECOM ITALIA
Via dei Magazzini Generali

INCONTRO FINALE
Novo Critico 2010
appuntamenti tra critica e nuova scena performativa
Si terrà venerdì 3 dicembre alle ore 20, presso l’Opificio Telecom Italia sede di Romaeuropa Fondazione, l’incontro finale di Novo Critico. L'incontro sarà preceduto alle ore 18,30 da una riflessione sullo stato della critica che prenderà spunto dal libro "Questo fantasma: il critico a teatro" di Andrea Porcheddu, redattore di delteatro.it e docente Iuav a Venezia, e Roberta Ferraresi.
Otto compagnie di teatro e due di danza hanno incontrato la critica in un contenitore ad hoc, unico nel suo genere in tutta Italia. Un progetto ideato da Elvira Frosini in collaborazione con amnesiA vivacE e le Università La Sapienza Roma Uno e Tor Vergata Roma Due, per un dialogo fra artisti, critici e studenti.
La seconda edizione di NOVO CRITICO – Appuntamenti tra critica e nuova scena performativa ha avuto il sostegno dell’Assessorato alle politiche educative, scolastiche, della famiglia e della gioventù del Comune di Roma, il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Roma ed è stato arricchito dalle collaborazioni con le Università La Sapienza Roma Uno e Tor Vergata Roma Due, con il partenariato della Fondazione Romaeuropa, da sempre attenta a mostrare ed attuare un percorso di attenzione e sostegno ai nuovi fermenti e linguaggi della contemporaneità.
Dieci incontri ad ingresso gratuito in diversi spazi della città (Spazio Kataklisma, in zona Pigneto, Università Romadue, Kollatino Underground) dove gli artisti hanno presentato una prova aperta della nuova produzione oppure un estratto di lavoro che delineasse il loro percorso artistico. A seguire il critico coprotagonista dell’incontro è intervenuto elaborando riflessioni sulla produzione in scena, gestendo un dialogo con l’artista e il pubblico sul percorso creativo in atto, sulle pratiche adottate e sul processo di elaborazione.
Non solo una rassegna, dunque, ma un percorso aperto di performance, prove aperte e work in progress attuato insieme ai critici, avvicinandoli agli artisti e al loro lavoro, in un calendario di appuntamenti che ha avuto lo scopo di delineare una nuova pratica di riflessione ed uno scambio dialettico tra artisti della scena contemporanea, la critica e il pubblico presente, con particolare attenzione agli studenti universitari, grazie al laboratorio critico seguito da Donatella Orecchia e da Roberto Ciancarelli.
martedì 23 novembre 2010
QUARTO APPUNTAMENTO - IL VIDEO INTEGRALE
ALESSANDRA SINI / SISTEMI DINAMICI ALTAMENTE INSTABILI e ROSSELLA BATTISTI
IL VIDEO INTEGRALE
A cura di e-theatre.it
lunedì 22 novembre 2010
OTTAVO APPUNTAMENTO: DARIA DEFLORIAN /KATIA IPPASO
INTERVISTA DI KLP A DARIA DEFLORIAN E KATIA IPPASO
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Settimo incontro
In due
sabato 13 novembre 2010
venerdì 12 novembre 2010
SESTO APPUNTAMENTO: TEATRO FORSENNATO/ FLORINDA NARDI
giovedì 11 novembre 2010
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - QUINTO INCONTRO
Io mangio, tu mangi, egli mangia…
Che rumore disgustoso
Deve fare Polifemo
Mentre divora le sue vittime
Nel buio della caverna dove dimora
E se accendendo delle candeline
Trovassimo Marilyn Monroe
Al posto di Polifemo?
Blastare un’icona?
E perché non più d’una?
In fondo lasciamo che siano delle icone
Nel minor tempo possibile
Cibo
Riviste
Automobili
Farmaci
Monumenti
Quadri
Film
Persone
Amici
Artisti
Icone
Se stessi
E la Madonna stessa chi è
Se non una madre
Che altro compito non ha
Se non quello di insegnare al proprio figlio
Che su questa terra
Se non vuole essere bene di consumo
Deve imparare a consumare?
È storia
Che Cristo Nostro Signore
È diventato un bene di consumo.
Contestualizza la propria critica nella più contemporanea società occidentale prendendo spunto da figure immortali, sacre e profane: evoca prima una sfatta diva Monroe e poi una psicotica Maria di Nazareth, entrambe vomitanti parole, per restare in tema di cibo, allarmate e allarmanti presagi di un mondo senza veli di illusorio equilibrio, dentro e fuori di sé, nel malsano rapporto con ciò che le (e ci) circonda. Il tutto senza inutili intellettualismi, senza ridondanze, in maniera cruda.
Elvira Frosini sembra spinta dall’urgenza di una comunicazione lucida e incisiva da cui emerge l’esigenza di esprimere e ribadire, attraverso una certa ironia, la compulsività del nostro atteggiamento fagocitante verso la realtà circostante.
Primo studio per “Digerselz” promette di diventare un ottimo spettacolo, molto attuale e con un “bacino d’utenza” potenzialmente illimitato. Non ci resta che aspettare di vederlo per intero.
[Blastare: prendere in giro, deridere, sfottere con decisione, o render palese l’altrui torto con cinismo, senza alcuna pietà.]
Gabriele E.
Osservatorio critico Roma2
In cerca
lunedì 8 novembre 2010
Mercoledì 10 novembre ore 16
UNIVERSITÀ ROMA2 TOR VERGATA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Via Columbia 1 - Roma
DARIA DEFLORIAN
incontra

Nell'ottavo incontro di Novo Critico verrà presentato:
Reality
di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
Si terrà mercoledì 10 novembre alle ore 16 presso l’Università Roma2 Tor Vergata l’incontro con Daria Deflorian per la presentazione di Reality, progetto dedicato alla storia di Janina Turek, a partire dal reportage di Mariusz Szczygieł in ‘Kaprysik, damskie historie’, di prossima pubblicazione in Italia. (Nottetempo, giugno 2011). Vicenda di una donna polacca che per cinquant’anni ha annotato minuziosamente ‘i dati’ della sua vita: quante telefonate a casa aveva ricevuto e chi aveva chiamato (38.196), dove e chi aveva incontrato per caso (23.397), quanti appuntamenti aveva fissato (1.922), quanti regali aveva fatto, a chi e di che genere (5.817), quante volte aveva giocato a domino (19), quante volte era andata a teatro (110), quanti programmi televisivi aveva visto (70.042). Una vita anonima e unica, speciale e banale, un reality senza show annotata in 748 quaderni, trovati alla sua morte nel 2000 dalla figlia ignara ed esterrefatta. Nessuno stupore se una scelta del genere la fa un’artista visiva come Sophie Calle, in fondo niente di diverso delle opere immaginate da Michel Houellbecq nel suo ultimo libro, ‘La carta e il territorio’ dove il protagonista passa quindici anni a filmare dettagli casuali del fogliame intorno a casa. Quello che mette uno strano brivido addosso nello scorrere la vita nei dettagli di questa anonima casalinga di Cracovia, è che non è un’opera artistica, non è un paradosso intellettuale, non è rivolto in nessun modo ad un pubblico. Per sua scelta personale, aveva cominciato intuitivamente a nobilitare il proprio tran tran quotidiano.
Un progetto teatrale da approfondire con Katia Ippaso, giornalista e scrittrice, redattrice de Gli Altri, Hystrio e Lettera22.
DARIA DEFLORIAN e ANTONIO TAGLIARINI dal 2008 iniziano a firmare insieme alcune creazioni: Rewind, omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch (Festival Short Theatre di Roma), Blackbird, lettura scenica dal testo di David Harrower (Festival Trend, Roma) e from a to d and back again liberamente ispirato a Andy Warhol (teatro Palladium, Roma).
DARIA DEFLORIAN è attrice, autrice e regista di spettacoli teatrali. Le sue ultime produzioni sono state: Manovre di volo (2001) da Daniele Del Giudice in collaborazione con Leonardo Filastò, Torpignattara (2004) da P.P.Pasolini, Corpo a Corpo (2007) da Dorothy Porter in collaborazione con Alessandra Cristiani, Bianco (2008), testo di Azzurra D'Agostino in collaborazione con ArgheTeatro. Ha lavorato come attrice tra gli altri con Marcello Sambati, Fabrizio Crisafulli, Remondi e Caporossi, Mario Martone, Martha Clarke (New York), Accademia degli Artefatti e Marco Baliani. E' stata assistente alla regia per Mario Martone, Pippo Delbono e per Anna Karenina di Eimuntas Nekrosius. Attualmente sta lavorando per il nuovo progetto della drammaturga e regista Lucia Calamaro.
ANTONIO TAGLIARINI è performer, autore e regista. Ultime creazioni presentate in Italia e in Europa: Trilogia sulla rappresentazione: Freezy (2003), titolo provvisorio:senza titolo (2005) e Show (2007); L’ottavo giorno (2008/Festival Esterni), creato con Ambra Senatore; Rewind – omaggio a Caffe Muller di Pina Bausch (2008) creato con Daria Deflorian; From a to d and back again (2009) creato con Daria Deflorian; Royal Dance con Idoia Zapaleta e Antonio e Miguel con Miguel Pereira (2010). Invitato come creatore in vari progetti performativi internazionali da APAP 2007, “Sites of Immagination” 2008 e “Pointe to Point” Asia-Europe Dance Forum 2009. Lavora e collabora con vari artisti tra cui Miguel Pereira, Raffaella Giordano, Giorgio Rossi, Massimiliano Civica, Fabrizio Arcuri, Idoia Zapaleta, Daria Deflorian e Ambra Senatore.
KATIA IPPASO autrice, giornalista e scrittrice, ha lavorato per vari giornali italiani, tra cui “L’Unità” “Rinascita”, Liberazione”. Attualmente scrive di politica e cultura per il settimanale “Gli Altri” e collabora per “Lettera 22” e per “Hystrio”. Come drammaturga ha scritto alcuni atti unici centrati sul tema della famiglia e della violenza. Con Giordano Raggi, è autrice del dramma “Controfigura”. Per l’Ente Teatrale Italiano ha diretto i periodici “La Critica” e “Etinforma”. E’ autrice di una serie di documentari che raccontano i grandi attori del cinema italiano (Anna Magnani, Ugo Tognazzi, Totò), trasmessi tutti su Sky Cinema. Per lo “Speciale Fahrenheit 9/11” sul film di Michael Moore (realizzato con Gabriele Acerbo) ha ottenuto il secondo premio al New York Tv Film Festival. Nel marzo 2008 è uscito il suo primo romanzo, “Nell’ora che è d’oro”, ambientato a New York. Con Editoria e Spettacolo ha pubblicato: “Le voci di Santiago”, l’introduzione di “Abbasso il re” (giovani voci della drammaturgia cilena), “Io sono un’attrice –I teatri di Roberto Latini” (aprile 2009) e “Amleto a Gerusalemme”, reportage dalla Palestina (novembre 2009). Alla fine del 2009 crea un’alleanza artistica con Cinzia Villari: scelgono come nome “Le Onde”, dal romanzo di Virginia Woolf. Le due scrittrici stanno lavorando ad una trilogia teatrale sul Giappone contemporaneo: il primo movimento, già in corso d’opera, s’intitola “Doll is Mine”.
info e prenotazioni:
tel 349 2834261
novocritico@gmail.com
novocritico.blogspot.com
sabato 6 novembre 2010
QUARTO APPUNTAMENTO : ALESSANDRA SINI /ROSSELLA BATTISTI
INTERVISTA DI KLP AD ALESSANDRA SINI E ROSSELLA BATTISTI
a cura di Klpteatro.it
lunedì 1 novembre 2010
FLORINDA NARDI
in collaborazione con Consorzio Ubusette
Florinda Nardi, docente presso l’Università di Tor Vergata, incontrerà mercoledì 3 novembre alle ore 16 nei locali dell’Università Teatro Forsennato, nell’ambito del progetto Novo Critico. Fondata da Dario Aggioli, la compagnia romana lavora da anni sull’uso dell’improvvisazione su canovaccio e sulla visione dello spettatore come parte integrante dello spettacolo. Questi due aspetti sono finalizzati a riportare la performance teatrale a una dimensione di evento, che per ogni replica è unico e possibile solo in quel momento e in quel luogo. Il progetto presentato, Studio per un manicomio, è incentrato sulla figura di Carlo Angela, padre del più noto conduttore e giornalista Piero, Giusto tra le nazioni.
Nel periodo della dittatura fascista Angela fu direttore sanitario della casa di cura per malattie mentali "Villa Turina Amione". Qui, sotto l'occupazione tedesca, Angela offrì rifugio a numerosi antifascisti ed ebrei, falsificando le cartelle cliniche per giustificarne il ricovero e insegnando loro a comportarsi come malati di mente.
Da qui il pretesto che muove lo spettacolo.
Il pubblico si troverà in quel manicomio, in cui Enrico, fascista affetto da turbe mentali, e Ferruccio, ebreo che finge di essere squilibrato, racconteranno la tragedia delle leggi razziali, attraverso la comicità amara della situazione.
TEATRO FORSENNATO è un gruppo teatrale nato nel 1999 e divenuto associazione nel marzo del 2004, con sede a Roma. I componenti del Teatro Forsennato sono Dario Aggioli, Stefania Papirio, Carla Damen (organizzazione), e Angelo TantillO, Collaborano con la compagnia Sergio Lo Gatto, Susan El Sawi, Sarah Paroletti, Lucio Leoni, Caterina Zotti e il gruppo jazz Trio Naga.
Segnalata nel libro di Graziano Graziani Hic Sunt Leones - Scena Romana Indipendente la compagnia organizza in Italia lʼAtelier annuale con Jean-Paul Denizon, attore e aiuto regista di Peter Brook.
Gli spettacoli in repertorio sono Sangue Palestinese in scena dal 2003, Le figurine mancanti del 1978 e Makilé - la Bambina nel Grande Serpente. La nuova produzione del 2009/2010 è Le Voci di Fuori – Selezione Premio Scenario 2009, Vincitore del Bando OFFx3, che ha debuttato al Teatro Palladium nella stagione della Fondazione Romaeuropa nel gennaio 2010.
FLORINDA NARDI Ricercatrice in Italianistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “Tor Vergata” dal 2007, ha tenuto corsi sulle teorie del comico nella trattatistica del Cinque-Seicento, sull’influenza della Commedia dell’Arte sul teatro italiano del Novecento, sui percorsi e le strategie del comico da Luigi Pirandello a Dario Fo presso la NUCT (Nuova Università del Cinema e della Televisione), e per il corso di Laurea in Storia, Scienze e Tecniche della Musica e dello Spettacolo presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”.
Da gennaio 2006 è responsabile della redazione di “Pirandelliana. Rivista internazionale di studi e documenti”. Ha collaborato con diverse riviste, fra le quali “Dante. Rivista internazionale di studi su Dante Alighieri”; Periferie. Confronti poetici; ed Elicona.
Ha curato i volumi Carlo Goldoni e la “professione di scrittor di commedie” (Roma, Nuova Cultura), contenente il saggio Dal professionismo attorico al professionismo autoriale. La riforma della Commedia dell’Arte di Carlo Goldoni e L’ “emozione feconda”. Pirandello e la creazione artistica (Roma, Nuova Cultura), contenente il saggio Un’“emozione feconda” per un percorso di ricerca e didattica attraverso l’opera pirandelliana.
Ha scritto L’umorismo nel teatro italiano del primo Novecento. Peppino De Filippo e Achille Campanile (Manziana, Vecchiarelli, 2007) e Percorsi e strategie del comico. Comicità e umorismo sulla scena pirandelliana (Manziana, Vecchiarelli, 2006).
info e prenotazioni: tel 349 2834261
novocritico@gmail.com
novocritico.blogspot.com