lunedì 31 gennaio 2011

OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Nono incontro

Nono incontro - 12 novembre 2010
Novo Critico 2010. Ambra Senatore incontra Rodolfo Sacchettini




Passo
Parrucca verde, Vestito nero.


Immobile. Sotto il bagno di luce della lente Fresnel. Parrucca nera. Vestito verde. Il corpo esatto, come una figurina di cartone ritagliata con precisione estrema. Lentamente si anima. I primi istanti si popolano di movimenti robotici, inumani. Il corpo studia lo spazio, si intrattiene con le dinamiche del disequilibrio e della frammentazione, tagliando l’aria della piccola scena 4x4. Il silenzio della sala è animato dal respiro e dal ritmico scricchiolare delle tavole di legno. Poi: la musica. Il movimento si fa più fluido. Il mio occhio s’abitua, riconosce, non segue più col dito incerto le lettere di uno strano alfabeto, ma riesce a leggere parole, persino intere frasi.
L’immagine si moltiplica. Due corpi identici che in maniera identica si muovono nello spazio, raccontando una storia di gesti quotidiani, consueti. La mano che sistema i capelli dietro l’orecchio: istantanea di un’umanità che vuole rivelarsi nel flusso dell’agire danzato. Dalla superficie indistinta del movimento affiorano come guizzi dettagli che svelano l’individualità, spesso legati ad un errore volontario nell’esecuzione della coreografia. Come a dire: è nella deviazione dalla norma che l’individuo può sperare di affermare la propria unicità.
Tra gli applausi i miei occhi aspettano ancora, da dietro la tenda: Parrucca nera, Vestito verde. O ancora meglio: Parrucca verde, Vestito nero.

Elena D'Angelo
Osservatorio critico Roma1





L’inciampo

Che una caduta inaspettata generi uno scoppio di ilarità, immerga nel comico l’osservatore è dato per assodato, Charlie Chaplin e Buster Keaton la praticavano alla perfezione, da veri maestri dell’inciampo, si pensi al formidabile duetto in Luci della ribalta. La teorizzazione pirandelliana viene ad informare che il passaggio dal comico all’umorismo è un passo, breve. L’osservatore s’accorge della sofferenza del malcapitato, la sua risata si spegne. Il confronto coi grandi nomi può spaventare, perciò Ambra Senatore ha riposto in un cantuccio due regali, un libro e un cofanetto di dvd su Keaton, destinati a future letture e visioni, quando non avrà più il timore del paragone con quel grande cui non di rado viene accostata per le formule del suo teatro danza, dove alberga lo stupore, causato da un apparente imprevisto. Tutto in realtà è studiato alla perfezione; il doppio, un piede che cede, una parrucca che vola, una mano che si stacca vengono inseriti ad arte per stupire, disorientare. Contro la sicurezza, che vuol tornare ad insediarsi, immediata deve nascere una nuova forma, che sia tableau vivant o fermo immagine, capace di stupire ancora: perché nel futuro spettacolo di Ambra Senatore la danza sia come la vita, di continuo soggetta a metamorfosi, afferrabile e definibile per poco, poi di nuovo in evoluzione. Un incontro piacevole quello che segue la presentazione del lavoro, in cui giustamente il critico Sacchettini lascia che la Senatore continui a fare teatro mentre parla del proprio teatro.

Laura Pacelli
Osservatorio critico Roma1


Questione di tempi

Daria Deflorian ha scelto di non presentare alcun primo studio.
Da sottolineare questa volontà, non dettata dalle circostanze, di soffermarsi con e sulle idee prima di metterle in pratica. James Hilmman le fornisce il sostegno teorico “[...]le idee perdono vitalità quando vengono concretizzate. Devono essere covate per farne uscire di migliori”.
Ecco mi pare buona cosa questo suo non cedere all'ansia del risultato, al ricatto della formalizzazione e della produzione immediata. La necessità quindi di sostare, assecondare i tempi del pensiero,e non precipitarsi.
E' il rifiuto di quella che la Deflorian definisce la “condanna dell'esposizione”.
Che un artista cerchi il confronto col pubblico in questa fase iniziale di creazione, è raro.
Quando ad esistere è solo l'idea, nuda, senza ancora una traduzione scenica, esporsi al giudizio esterno può essere prematuro ma anche stimolante.
Ambra Senatore, diversamente dalla sua collega ha scelto di non cogliere questa occasione. Ci ha mostrato un estratto da “Passo”, spettacolo che ha già avuto modo di girare e ricevere riconoscimenti. Ha ritenuto opportuno dover necessariamente “mostrare”. Difatti il nuovo lavoro quello annunciato, tarda a vedere luce. La Senatore ce lo fa intuire nella discussione con il critico Rodolfo Sacchettini , esponendo anche i propri dubbi in merito alla sua idea iniziale : costruire un percorso di movimenti che compongano immagini cinematografiche. Nel dichiararsi probabilmente non all'altezza delle sue intenzioni , e nell'esprimere la preoccupazione di venir meno ad una certa tempistica, la Senatore ci ricorda che la creazione ha i suoi tempi. Tempi spesso dilatati, che possono portare a non essere “in tempo”. E mentre pensa e tentenna, ci racconta di come l'osservazione della realtà sia la sua principale fonte d'ispirazione: l' anziano marito che aiuta la moglie a salire tirandola lentamente per un braccio è un intero mondo di gesti, pose e atteggiamenti.
Errare è umano, si dice.”Passo” è volutamente disseminato di errori o “pennellate di umanità”, che intaccano l'apparente perfezione della danza. L'umanità è tutta in quelle mancanze,i n quei vuoti, in quel qualcosa che non torna e che devia dalle aspettative, è nel rifiuto della pienezza e della riproducibilità. Tutto questo è anche molto ironico. Ci si chiede allora cosa sia l'ironia e ci si interroga su i meccanismi del comico, che sono imperscrutabili e di difficile spiegazione. La comicità è in fondo una questione di tempi, non riproducibili con esattezza e precisione.

Giada Oliva
Osservatorio critico Roma2




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