sabato 16 ottobre 2010

OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO



OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO
coordinato da Donatella Orecchia Roberto Ciancarelli


Osservatorio studenti RomaDue

Giada Oliva
Francesca Bini
Maria Rita Di Bari
Laura Pacelli
Agnese Valle


Osservatorio studenti RomaUno

Elena D'Angelo
Francesca Magnini



Novo Critico 2010: primo studio di Aldo Morto,
Daniele Timpano incontra Nicola Viesti.

Immagini frammentarie, ricostruzioni vere e verosimili, popolano il nuovo lavoro di Daniele Timpano, ancora in piena fase di allestimento. L’attore si confronta con l’orizzonte d’attesa di un pubblico ristretto e con l’occhio (più o meno attento) della critica. In scena, lo specchio deformato e deformante della memoria storica collettiva, a sondare ancora una volta i complessi meccanismi di creazione e ricezione comunicativa.
Aldo Moro muore il 9 Maggio del 1978 dopo 55 giorni di sequestro. Stampa e televisione ricordano un numero perfetto, includendo nel proprio calcolo un’ immagine che ormai appartiene a tutti indistintamente. Bianco e nero, corpo assassinato, scoperto, martirio (demo)cristiano: "Fate presto", avrebbe detto Andy Warhol. Nel passaggio della morte da archetipo a cliché, nota qualcuno tra il pubblico, si inserisce il tono dissacrante di una recitazione schizofrenica; i fatti di cronaca si fondono alla rielaborazione personale e artificiale dell’arte e il disagio ricettivo sembra esserne la conseguenza necessaria. L’inattendibilità posta volontariamente alla base del lavoro crea uno scarto critico che mira a riattivare le facoltà percettive del pubblico.
Timpano irretisce con disinvoltura, provoca, senza che ci si accorga subito della portata della provocazione. Continui avvicinamenti e distanziamenti dall’oggetto, irritano e divertono. A ferire, è soprattutto il dato inventato. All’apertura del dibattito c’è chi lamenta la mancanza di un’esplicita presa di posizione morale e chi si domanda se il teatro di Timpano debba essere inteso come atto politico. I tempi sono tali e i confini così poco netti, minacciati da continue ridefinizioni e ambiguità, che sembra necessario tornare a riflettere sul rapporto tra teatro e politica, o tra il Teatro e il Politico. Si potrebbe esprimere, di prima battuta, lo stupore nel vedere i due termini così disgiunti. D’altronde sono l’uso del linguaggio e la difficoltà di dare un nome alle cose, le spie più importanti di un’odierna confusione di pensiero e di un desolante smarrimento di bussole guida. Andando al di là del semplicistico schieramento tra destra e sinistra (che pure non manca), o delle personali opinioni divulgate, Timpano sceglie di far reagire tutto ciò che di Moro è stato scritto, filmato, ricordato. L’efficacia di questa operazione è data dalla presenza in scena di un corpo scosso e deflagrato che destruttura un’iconografia comune, aprendo alle più svariate possibilità di costruzione. Sono la fisicità e la concretezza del corpo attoriale a creare un vero e proprio cortocircuito con le molteplici proiezioni storico-culturali, ombre mediatiche del caso Moro.

Francesca Bini e Giada Oliva
Osservatorio Critico Università Roma2
14 ottobre 2010

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