giovedì 21 ottobre 2010

MATERIALI E RIFLESSIONI - Primo incontro

LE RIFLESSIONI CRITICHE DI NICOLA VIESTI



Già dal titolo - “Aldo Morto, tragedia” - il nuovo lavoro di Daniele Timpano suppone una qualche intimità con la figura dello statista democristiano, una mancanza di “timore sacro” per l'argomento trattato che in maniera netta – e questo nell'incontro romano veniva fuori con estrema evidenza – marcava uno scarto generazionale. Scarto che faceva insorgere non pochi equivoci sul valore “politico” dell'operazione rifiutato quasi con estremo sospetto dal pubblico non ancora trentenne. Pubblico che inseriva Moro nella galleria di personaggi precedentemente trattati da Timpano come Mussolini e Mazzini, storicamente abbastanza lontani e quasi immuni da una precisa scelta tra “sinistra” e “destra” per il performer e per il suo pubblico. In realtà così non è perché argomenti simili sono necessariamente e assolutamente politici e non si tratta, ovviamente, di “sinistra” e “destra”, ma di lettura storica fatta con occhio scaltro e distante che l'artista compie in forma estremamente originale e stimolante per suscitare ampio dibattito. “Dux in scatola” ha irritato non pochi che vi vedevano quasi una specie di esaltazione del fascismo nel far parlare un corpo senza vita ; ma quel corpo – il corpo del Duce – non poteva che raccontare la sua verità e la verità di un corpo massacrato è quella che è, fatta di offese alla carne che Timpano si guarda bene di omettere come non nasconde tutto un armamentario di cianfrusaglia fascista che sopravvive ancora oggi. E che dire ancora di un corpo, quello di Mazzini nel “Risorgimento Pop”, che svela montagne di retorica e che illumina un presente abbietto che – orrore! - ci sembra figlio quasi diretto dei “Padri della Patria”. Con Moro l'operazione mi sembra ancora più ambigua e pericolosa perché la differenza generazionale non è così marcata e moltissimi ancora ricordano i dubbi scatenati dal terribile periodo del suo sequestro e della sua esecuzione, entrambi iconizzati, e non a torto, in quanto l'evento è di quelli cardine per il destino di una nazione – quasi un nostro attentato alle Torri Gemelle – e sicuramente ne ha condizionato le non invidiabili sorti attuali. In una primissima stesura, un frammento quasi, “Aldo Morto” era di una spietatezza e spregiudicatezza assolute, tale che dopo la lettura inviai una mail a Daniele dicendogli che questa volta doveva prepararsi ad un soggiorno nelle patrie galere. Lui si augurava che non volessi fargli mancare le arance. Nella successiva elaborazione per “Novo Critico” il testo si è completamente trasformato con la bella intuizione di inserire il personaggio del figlio che ricorda e che è tutt'uno con il performer. E la violenza precedente si è trasformata completamente, lasciando spazio ad una intimità quasi affettuosa con un personaggio fotografato nella vita e nei sentimenti. E' successo che alcuni sono rimasti troppo scossi dai primi appunti ma anche che Daniele, man mano che approfondisce la figura di Moro, ne sta rimanendo colpito, sta mettendo in crisi precedenti certezze. Vedremo dove tutto ciò lo porterà.


Novo Critico” mi sembra un modo costruttivo e intelligente di mettere in relazione artista, opera, critica e spettatori. Discutere su un lavoro in fieri è utile a tutti; all'artista che verifica l'efficacia delle sue idee, al critico che interviene su frammenti in divenire azzardando probabili scenari e al pubblico che cerca di andare oltre una passività istituzionalizzata. Devo confessare che mi aspettavo – data una partecipazione prevalentemente di addetti ai lavori – un qualche match tra pubblico e critico. Cosa che mi è stata risparmiata per il tempo tiranno e per il sostanziale disinteresse degli spettatori verso una cosa del genere. Sono stati forse troppo buoni, o troppo scafati. Insomma non capita spesso di avere sotto mano un critico con la possibilità di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Va bene scambiarsi opinioni sul lavoro dell'artista della settimana ma non posso pensare che il rapporto con la critica fili così liscio. Qualcosa da recriminare dovrebbe – e c'è – sempre. Lo dico non per scatenare la rissa o per attivare una specie di sadomasochismo reciproco ma perché sono fermamente convinto che parlare con gli artisti, e con il pubblico, faccia benissimo proprio in primis al critico, a volte troppo protetto, troppo distante, troppo legato al “prodotto finito” e quasi mai conscio del lavoro, delle contraddizioni o delle sicurezze che lo hanno generato. E “Novo Critico” penso sia il luogo ideale per una verifica di questo genere. D'altronde l' autorevolezza della critica non risiede in una sua incontestabile infallibilità ma nella possibilità di affermare proprio un punto di vista, parziale, a volte fallibile, ma con l'imperativo di essere sempre suffragato da motivazioni quanto mai chiare. La rivista “Hystrio” qualche tempo fa pubblicava per alcuni spettacoli due pezzi, uno positivo e uno negativo : una bella palestra per confrontarsi con “l'altro” e per i lettori la possibilità di chiarirsi – o confondere ancor più – le idee. Va da sé che per l'artista la critica giusta era sempre quella positiva.
Nicola Viesti
19 ottobre 2010

Nessun commento:

Posta un commento