Osservatorio critico Roma1
sabato 30 ottobre 2010
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Quarto incontro
Osservatorio critico Roma1
SECONDA SERATA: IL VIDEO INTEGRALE
IL VIDEO INTEGRALE
giovedì 28 ottobre 2010
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Terzo incontro
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Terzo incontro
INTERVISTA DI KLP A SANTASANGRE E ANTONIO AUDINO
a cura di Klp
mercoledì 27 ottobre 2010
Venerdì 29 ottobre ore 21
incontra
MASSIMO MARINO

Primo studio per
DIGERSELZ
collaborazione artistica Daniele Timpano
in collaborazione con: Consorzio Ubusette, Antonello Santarelli
Sarà nello spazio Kataklisma, in zona Pigneto, che Elvira Frosini, performer-autrice-regista della compagnia Kataklisma presenterà, venerdì 29 ottobre, la prima ipotesi della nuova produzione, titolo provvisorio Digerselz.
Primi appunti e prove di lavoro, momentaneamente in forma di assolo, in relazione al tema del cibo come ossessione del nostro tempo. La seguirà in questo percorso Massimo Marino, critico teatrale del Corriere della Sera, sul cui sito gestisce il blog “controscene”, responsabile per il Patalogo delle edizioni Ubulibri della sezione Festival nel mondo, docente presso il Dipartimento di Musica e Spettacolo dell'Università di Bologna.
Il progetto dal titolo provvisorio “Digerselz” si muove in relazione al tema del cibo come ossessione del nostro tempo o, forse, di tutti i tempi. Il cibo come tema politico, quindi, ma anche come insopprimibile azione di sostentamento, pratica culturale massificata, metafora ossessiva, implosione autodistruttiva, eppure pur sempre azione sotterraneamente rituale, legata al nostro rapporto con il corpo, con la morte, con una comunità.
Cibo e senso di colpa, legato all’idea di spreco e alla fame nel modo, il rituale, le diete, i modelli, le ricette, il mito ipocrita del ritorno al cibo sano.
Il progetto prevede nelle prossime fasi il lavoro con ulteriori corpi/performer.
novocritico@gmail.com
novocritico.blogspot.com
martedì 26 ottobre 2010
MATERIALI E RIFLESSIONI - Secondo incontro
LE RIFLESSIONI CRITICHE DI CLAUDIA CANNELLA
All’Eliseo, all’Eliseo! - Mentre guardavo il lavoro di Andrea, osservavo anche le reazioni del pubblico: molti ridevano, alcuni in modo eccessivo, quasi anticipando le gag. Ho pensato: vabbè, siamo in famiglia... era netta la percezione di un sottotesto, nella relazione artista-pubblico, che affondava le sue radici in consuetudini e rapporti non occasionali. Troppo facile!, ho pensato perfidamente. Perché non esporre il proprio lavoro anche di fronte a spettatori eterogenei, non solo fan? Da qui il tormentone della serata: come reagirebbe il pubblico del Teatro Eliseo di fronte a tutto ciò? Ovviamente era una provocazione. Ma anche un invito. Dal momento che il lavoro di Cosentino si basa molto, addirittura si modella sull’interazione col pubblico, perché non cimentarsi con spettatori diversi dagli amici e dagli ammiratori? Credo che, soprattutto in questa fase di studio e sperimentazione, proprio dalle situazioni meno prevedibili potrebbero venir fuori materiali interessanti da metabolizzare. E anche a me, come ad Andrea, «non piace l’omogeneità culturale che esiste tra il teatro, in special modo quello di ricerca, e i suoi spettatori. Non mi piace quella complicità predeterminata, come non mi piace in generale l’arte targettizzata» (A. Cosentino, “L’apocalisse comica”, Roma, 2008, Editoria & Spettacolo).
Meglio dormirci sopra - Mi piace l’idea di tirar su una saracinesca e di entrare in un piccolo teatro. Mi piace che si riempia in modo disordinato, come le scarpe lasciate ammassate nell’atrio. Non ero mai stata ospite di Kataklisma Teatro, né mi era mai capitato di dover improvvisare dei pensieri “critici” a caldo, di fronte a un pubblico, dopo aver visto uno spettacolo, o meglio un frammento, un’ipotesi di lavoro... quasi non amo i commenti (pseudo) critici all’uscita di un teatro con gli amici, figuriamoci con spettatori sconosciuti e dopo quella manciata di minuti trascorsi insieme a vedere un misterioso embrione di qualcosa che sarà. Ma proprio per questo ero curiosa di farlo, di mettermi alla prova, di esplorare luoghi e persone poco o per nulla conosciute. Per questa ragione ho accettato, con divertita apprensione, l’invito di Elvira e di Daniele, istintivamente sicura, conoscendoli, che non sarebbe stata una cosa tipo “segue dibattito” di fantozziana-morettiana memoria. In effetti il confronto immediato con gli artisti e col pubblico è stato interessante e vivo, ma più per quello che ho potuto ascoltare che per quel che ho potuto dire. Resto infatti convinta di una mia vecchia idea, fisicamente testata sulla mia pelle: meglio dormirci sopra! Nel senso che preferisco lasciar sedimentare pensieri e riflessioni prima di indossare i panni della critichessa. O forse anche vedere prima il lavoro, per rivederlo poi insieme al pubblico e parlarne tutti insieme. Gli artisti magari lavorano mesi, e poi arriviamo noi critici a liquidare la pratica in poche righe o parole approssimative. Nel bene o nel male. Questo mi fa sentire inadeguata, a volte poco “rispettosa” del lavoro altrui, e continua a non piacermi.
Claudia Cannella
lunedì 25 ottobre 2010
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Secondo incontro
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“La cosa più onesta che possa fare è il cretino” |
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"Io sono un poeta estemporaneo improvvisatore Imbecille io son perché? perché sì. Insisto sul sì; non faccio del male a nessuno se dico di sì; quante cose si possono risolvere rispondendo di sì; e allora, sì.” |
Più stupidi di così si muore.
“Egli divinizza l'imbecillità, e ci sa dare estratti deliziosi d'idiozia concentrata,
sa comporre delle melodie dolcissime di stupidaggini,sa imbastire lirismi sublimi di vuoto.”
Così Mario Dessy scriveva il 21 dicembre del 1920 nell'articolo “Uomini del giorno” dedicato all'arte di Petrolini .
Senza aver qui la pretesa e l'audacia di inoltrarmi in un confronto tra Andrea Cosentino e Ettore Petrolini, mi sembra però utile poter rileggere la seconda serata di “Novo critico,” con protagonista Cosentino e il suo Esercizi di Rianimazione, tenendo presente l'articolo di Dessy , che offre spunti di riflessione in merito alla comicità non -sense .
Perché ridete? Questo ad esordio del dibattito ha chiesto Claudia Cannella a noi tutti lì presenti.
E “Ma perchè ho riso tanto?” suggerisce Dessy agli spettatori di domandarsi , uscendo da teatro dopo aver assistito ad una spettacolo di Petrolini.
E' forte la tentazione di rispondere “Perché si”, la surreale e geniale risposta a tutte le domande che Petrolini ripete nei Salamini. Summa di scempiaggini e di cretineria.
Sarebbe la risposta più opportuna dal momento che, come Dessy sostiene “ [...] la grande comicità di Petrolini è al di fuori del gesto, della smorfia, della truccatura e dell'impostazione più o meno stonata della voce. Sono dei fattori che servono ad ampliare la sua comicità ma non ne sono la fonte. Il motore della sua comicità è racchiuso nel segreto della nuova logica che impone al pubblico e che del pubblico s'impossessa. L'arte e la comicità di Petrolini sono tutta una costruzione al di fuori di ogni logica umana anzi sfidante la logica comune e il comune buon senso”.
E gli Esercizi di rianimazione di Cosentino, sono sostanzialmente una sfida. Sfida che l'attore lancia a sé stesso, al pubblico, al teatro e alla logica.
Poche sono le parole o frasi a cui ricorre, prevale la (anti)-manipolazione, rifuggire dal senso ad ogni costo, di oggetti scelti casualmente (una parrucca , una spugna, pezzi di barbie e bambole, una maschera). Lo vediamo arrabattarsi sul palco, senza una struttura precisa, come da sua stessa ammissione, è un gettarsi. E' il gesto artistico ad essere prioritario, la sua effettiva esecuzione e le modalità hanno minore importanza. Non c'è nulla da analizzare. C'è un attore, ma soprattutto un pensatore e un teorico, che vuole sperimentare sfruttando l'occasione di un pubblico non pagante, e quindi anche più disponibile ad uscire dalla sala, perché no?, insoddisfatto.
Si sperimentano pensieri e non forme. E il tentativo è a tal punto ardito che una paperella e una gamba di barbie più in là c'è l'abisso.
In fondo Cosentino corteggia e circuisce un vuoto. E' un adulto con una trombetta che va in bici senza mani sul limitare di un pozzo. Non c'è alcun motivo apparente perché questo avvenga, ma rimane “la cosa più onesta che possa fare”. E noi lì che si ride di un riso smorzato. Prorompe improvviso, sottratto alla coscienza, e subito raggelato dalle redini della razionalità.
Questo è possibile perché è la performance a stabilire le regole nel momento stesso in cui accade. Il rapporto col pubblico viene ricercato ma continuamente e volutamente messo in discussione. Si è distanti da quella complicità a priori tra pubblico, di nicchia e intellettuale, e artista, tipica del teatro di ricerca.
Sul pubblico italiano degli anni '20 , Dessy si esprime in questo modo:
“Perchè il pubblico italiano è persuaso che certi valori artistici, nel teatro siano monopolizzati unicamente da coloro che recitano il dramma o la tragedia, o tutt'al più da quegli attori, comici sì, ma che si producono in vere e proprie commedie serie, in fondo ben costruite. Cosicchè è disposto a chiamare artista un mediocrissimo attore che recita una tragedia in costume o piuttosto che riconoscere essere le smorfie, i lazzi, e le invenzioni di Petrolini su un piano altissimo di arte.”
La proposta di Claudia Cannella a Cosentino di provare a Rianimare il pubblico dell'Eliseo, pare confermare che lo scenario sia mutato di poco.
E l'impudicizia dell'attore occidentale, che entra in scena con la superbia e la presunzione che una volta al microfono avverrà l'epifania, di cui Cosentino parla, non può non far pensare al Gastone di Petrolini: l'attore che non ha orrore di sé stesso.
In conclusione, due domande : Quanta perdita di senso il teatro può sopportare? E Quanta perdita del senso del teatro possiamo noi tollerare?
Giada Oliva
Osservatorio critico Roma2
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Secondo incontro
Secondo incontro: 15 ottobre 2010
Novo Critico 2010: Esercizi di Rianimazione
Andrea Cosentino incontra Claudia Cannella.
Io, l’essere immobile. Osservazioni di uno spettatore assente
Sotto il vestito, nulla. Elegantissimo completo che sveste il corpo nudo dell’attore. Come a dire: apologia di una formalità informale. Non può essere un dettaglio casuale. E’ una precisa scelta. Un chiaro invito a porsi in un ottica del non senso comune. Una contraddizione in termini che prepara a quel “campionario di idiozie”, che bene descrive quanto a breve avverrà sulla scena.
Il corpo magro, si muove mollemente nella giacca. Le mani ciondolano esitando. Lo spazio scenico è simile ad uno stretto corridoio. Camminandovi, il corpo costruisce l’attenzione del pubblico disegnando traiettorie indecise: dagli oggetti al microfono, e ritorno. Il breve tragitto diviene lo spazio di attesa, dove è consentito chiedersi: che cosa succederà ora? Quale sarà la prossima mossa? E la prossima mossa arriva seguendo un percorso a tappe: scelta dell’oggetto, breve analisi delle sue caratteristiche fisiche e sonore, tentativo di animazione, sguardo attonito.
Una dettagliata quanto casuale Autopsia dell’immagine, che svela i meccanismi di rottura dell’oggetto, il punto di dissoluzione del senso logico e l’affiorare di connessioni ridicole.
Un Teatro di Figura dell’Orrore che spaventa e scompiscia nella misura in cui coglie impreparati di fronte alle molteplici e inaspettate possibilità del reale.
Chi ride esorcizza l’inquietante sospetto che nulla sia come sembri.
Chi ride ha paura che il giorno seguente, sotto la doccia, la spugna gli parli con la voce di Cosentino e gli ammicchi dal bordo della vasca, scrutandone le nudità.
Elena D’Angelo
Osservatorio critico Roma1
venerdì 22 ottobre 2010
Martedì 26 ottobre ore 16
UNIVERSITÀ ROMA2 TOR VERGATA
Facoltà di Lettere e Filosofia
Via Columbia 1 - Roma
ALTAMENTE INSTABILI
incontra
ROSSELLA BATTISTI
una
Coreografia e danza Alessandra Sini
Suono Stefano Montinaro
Produzione Associazione Ciulinga
Proseguono gli appuntamenti di Novo Critico, incentrati sull’incontro fra critica, pubblico e artisti. Sarà Rossella Battisti, critico teatrale de L’Unità, curatrice di importanti progetti come la collana Teatro in/civile, membro del comitato scientifico del progetto DanzaInVideo, Progetto Nazionale per il recupero della memoria storica della Danza Italiana dal 900 ad oggi e membro della giuria del Premio Ubu a presentare, martedì 26 ottobre (ore 16, Università Roma2 Tor Vergata) Alessandra Sini, danzatrice e coreografa di Sistemi Dinamici Altamente Instabili. Il progetto presentato, Una, persegue le logiche dell’improvvisazione per una qualità originale della materia corporea, densa d’immagini diversificate tendenti all’onirico. Un percorso coreografico dove l’insistenza nella ripetizione e nell’utilizzo simbolico d’immagini fisiche insiste su una nuova ritualità per scavare un varco dentro un mondo emotivo in continua evoluzione.
SISTEMI DINAMICI ALTAMENTE INSTABILI Il gruppo persegue da tempo un percorso di ricerca originale e autonomo nell’ambito della corporeità di segno contemporaneo. La qualità mutevole delle dinamiche coreografiche è lontana da codificazioni possibili, si lega al gusto materico del corpo e al suo linguaggio astratto, mai narrativo o contenutistico. La ricerca si concentra su spazio e su modalità diversificate di fruizione e percezione. All'attivo venti produzioni coreografiche e molteplici allestimenti performativi site specific.
ALESSANDRA SINI Coreografa e danzatrice nel gruppo Sistemi dinamici altamente instabili, sviluppa un percorso di ricerca autonomo, concentrato sulla danza pura di segno astratto, non narrativo ma emozionale. All’attivo venti produzioni coreografiche e molteplici allestimenti performativi site specific focalizzati sulle diverse modalità di fruizione e percezione dei corpi e degli ambienti delle danze.
ROSSELLA BATTISTI Si definisce “danzologa" stanziale all’Unità dal 1986 (dove intercetta spesso anche spettacoli di teatro, soprattutto meticciato e d’avanguardia). La si trova sparsa anche per festival, su Danza & Danza, su Raisat, in programmi di sala, in sala al teatro Ruskaja all’Accademia Nazionale di Danza (dove cura appuntamenti di diffusione della cultura di danza). Appassionata di jazz e architettura d’interni - forma di danza immobile -, ama i gatti rossi, le rose rosa, lo zen e le tazze di tè. Ha tradotto "Memorie interrotte", autobiografia di José Limón e ha curato con Mario Perrotta "Teatro Incivile". raccolta di sei spettacoli di nuova drammaturgia italiana su dvd per “L'Unità."
ingresso libero su prenotazione
info e prenotazioni: tel 349 2834261
novocritico@gmail.com
novocritico.blogspot.com
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO - Terzo incontro
L’IMMAGINE DEL PRESENTE, TRA REALE E VIRTUALE
In quest’ottica rileggiamo la trilogia. 1 - Uomo che resiste, 2 - Uomo che preferisce la solitudine e basta a sé stesso, 3 - Eliminazione di ogni rapporto tra individuo e sistema. Si svela uno spunto letterario (1984 di Orwell e Il Mondo nuovo di Huxley) in relazione alle prime due creazioni, per la terza invece l’allarme è esplicitamente il surriscaldamento terrestre, una deriva catastrofica che segna per l’uomo condizioni di sopravvivenza al limite. Quel limite racchiuso in soli sei gradi di calore, da non oltrepassare. Eppure Santasangre non si preoccupa tanto di valutare questa tesi, quanto di denunciare un’urgenza generale, un pericoloso allarme. Lo urla a gran voce, ma senza parole. Seigradi è un discorso universale ed emotivo, fatto soltanto d’immagini olografiche, elementi di natura artificiale realizzati in 3D, vere e proprie estensioni del performer in scena, che confondendosi col suo corpo soppiantano l’immagine naturalistica e, nonostante l’uso di una complessa tecnologia, rivelano un ciclo vitale di estrema semplicità: suono, corpo e immagine si fondono in un crescendo che dalla nascita evolve e si tramuta in distruzione. Un percorso iniziato già con 84.06, in cui automatismi sonori e indicazioni verbali invitano il corpo del performer a danzare con una tecnologia fatta di riflessioni olografiche e immagini video, dotate di una funzione quasi attoriale. Questa estetica si è poi perfezionata con Spettacolo sintetico per la stabilità sociale, in cui le manipolazioni visive rivelano vere e proprie rappresentazioni del sistema sociale e la voce si manifesta ancora in forma di registrazione. Con Seigradi si va invece verso l’astrazione totale, attraverso l’abbandono della parola in scena: ma non c’è silenzio, c’è canto, ci sono fonemi e rumori gutturali prodotti dall’apparato umano.
L’elemento live “esiste e resiste”, dice Santasangre, e testimonia una scelta di umanità: musica e video sono sempre gestiti in tempo reale da una regia magistrale, per restituire il senso di una forte precarietà. Al pubblico però non è richiesto di capire fino in fondo questo lavoro di manipolazione dal vivo, l’importante è che focalizzi l’attenzione su quel sottile confine tra virtuale e reale, che dona al performer una natura liminale e piena di senso.
Santasangre ci presenta poi altri esperimenti, tra cui Sincronie di errori non prevedibili, in cui il video non è più immagine che raffigura; agisce soltanto la luce, immersa in un impianto caotico di corpo e suono che si sviluppa, tuttavia, da una struttura molto semplice. Il titolo stesso è la sintesi di un lavoro fatto su scarti di corpo, video e audio: “errori che diventano materiali”, spiegano gli artisti, secondo un processo che molto ha in comune con gli esperimenti scientifici. Questo lavoro va in direzione dell’eliminazione del corpo umano, sostituito alla fine da una lastra di ghiaccio: materia viva allo stato puro. Arte e scienza così si fondono per restituire alla natura la sua fenomenologia.
I materiali di cui parlare sono davvero tanti. Antonio Audino coordina una discussione la cui forza sta nell’evidenziazione di un paradosso, ovvero l’angoscia della virtualità e il suo uso per fare un discorso contro la società della virtualità stessa. Il rischio, dice Audino, è che lavorare sull’immagine possa far sì che questa inglobi tutto lo spettacolo. E allontanarsi dalla parola, continua Donatella Orecchia, avvalora questo rischio: procedere verso l’astrazione oggi è sicuramente una strategia vincente, ma allo stesso tempo è una strada pericolosa da percorrere, perché potrebbe far cadere nel vortice di un virtuosismo autoreferenziale.
Santasangre ribadisce l’importanza nel suo lavoro dell’incontro con il pubblico e la concezione fortemente sentita da tutto il collettivo, del teatro come luogo fisico, emotivo e intellettuale. Poche altre certezze, dunque, ma una su tutte emerge incondizionata: il video non è mai soltanto un accessorio e la relazione con la tecnologia nasce da una logica cognitiva e insieme viscerale. Santasangre usa il linguaggio naturale di una generazione che vive e opera con i mezzi della contemporaneità, senza troppo stupore. In questo senso, testo e immagine hanno lo stesso potenziale e la manipolazione video, usata per dire qualcosa di molto forte politicamente, serve per costruire e portare un ragionamento davanti al pubblico, imprescindibile presenza per la riuscita dello spettacolo. Le strategie adottate non si riescono a riassumere nella codificazione di un metodo assoluto e valido per ogni spettacolo, bensì si concentrano nella capacità di saper trovare criteri e logiche sempre nuove rispetto ai diversi progetti.
In conclusione, oggi non sembra facile aiutare compagnie di questo genere a capire come “mettere le radici” e come fissare in modo solido la loro presenza sulla scena contemporanea, senza arrendersi alla fastidiosa constatazione di essere un semplice fenomeno di moda, che opera in quanto oggetto di consumo dell’evento spettacolare. Per un collettivo di artisti che s’inscrive a pieno titolo nel magma della virtualità, la realtà resta quanto di più incomprensibile: trovarsi quotidianamente a confronto con un teatro che istituzionalmente, spiega Audino, non ha alcuna voglia di assorbire i loro segni. E non parliamo di segni del “nuovo a tutti i costi”, ma semplicemente di segni della contemporaneità. Non a caso molti artisti continuano ad essere considerati “giovani” ed “emergenti” anche ben oltre la soglia dei 30 anni o quando dall’estero hanno già ricevuto molte attestazioni di successo e di riconoscimento ufficiale. Questo è un dato che i Santasangre avvalorano quando parlano esplicitamente di una forte “paura del futuro”, una paura che, sempre secondo la loro testimonianza diretta, riguarda anche molte altre compagnie italiane di ricerca della stessa generazione.
giovedì 21 ottobre 2010
MATERIALI E RIFLESSIONI - Primo incontro
PRIMA SERATA : DANIELE TIMPANO E NICOLA VIESTI
mercoledì 20 ottobre 2010
Secondo incontro - 15 ottobre 2010
Osservatorio Critico Università Roma2
18 ottobre 2010
18 ottobre 2010
La svestizione dell’attore
Il tempo a sua volta pare invertire logica, in un ritorno al futuro che vede sparsi in un angolo cadaveri di oggetti da rianimare e con cui tentare il contatto. Instabile demiurgo è il corpo attoriale, quasi fantoccio, ancora non del tutto clownesco. Così, Cosentino rompe il filo logico del discorso, appigliandosi alla mimica e ad una sonorità necessaria. Qualche verso, l’assurdità di un discorso tra una papera di peluche e un ranocchio dalla personalità instabile, una lettura tra l’attore e il suo doppio. Nel jeu de vivre della scena non c’è narrazione ma processualità in atto, ricerca di possibili e ironiche relazioni tra la materialità del corpo e quella dell’oggetto. Si riparte dal non-sense, dal grado zero. Durante il dibattito è Cosentino a spiegare come al di là di un tema da raccontare, siano la domanda e la ricerca sulla propria presenza in scena a dar vita al tutto. Dietro la figura che rappresento, cosa sono io? L’agire attoriale si destruttura e il teatro torna a riflettere su se stesso.
Francesca Bini
Osservatorio Critico Università Roma2
19 ottobre 2010
INTERVISTA DI KLP AD ANDREA COSENTINO, FRANCESCO PICCIOTTI E CLAUDIA CANNELLA
a cura di Klp
lunedì 18 ottobre 2010
Mercoledì 20 ottobre ore 16
SANTASANGRE
incontra
ANTONIO AUDINO

Nel terzo incontro di Novo Critico:
Frammenti
Mercoledì 20 ottobre, presso l’Università di Romadue, è il turno di una delle compagnie di punta del teatro di ricerca italiano, Santasangre, Premio Ubu 2009. La compagnia, impegnata nella nuova produzione “Bestiale improvviso”, che debutterà al festival Romaeuropa dal 10 al 14 novembre, presenta Frammenti, estratti video della loro storia artistica. Con loro Antonio Audino, critico teatrale de Il Sole24 Ore, docente di Metodologia e Critica dello Spettacolo all’Università di Roma Tor Vergata, autore e conduttore di programmi per Radio3 Rai, membro della giuria del Premio Ubu.
Espressione di un collettivo eterogeneo per formazione e personalità, i Santasangre iniziano il loro percorso con la volontà di indagare quello spazio vuoto, quella frattura che esiste oltre il linguaggio definito. Avviano processi di contaminazione espressiva lungo un asse trasversale capace di toccare i più significativi linguaggi artistici e performativi come il video, la musica, il corpo e l'estetica degli ambienti.
La linea che distingue la progettualità dei Santasangre si articola in una direzione di interferenza con il presente, nelle infinite possibilità che il linguaggio artistico possiede.
SANTASANGRE è un progetto di ricerca artistica che nasce a Roma alla fine del 2001 dall’incontro di Diana Arbib, Luca Brinchi, Maria Carmela Milano e Pasquale Tricoci. Dal 2004, con l’ingresso di Dario Salvagnini e Roberta Zanardo, raggiungono la formazione attuale.
Presenti in contesti nazionali e internazionali, per il 2010 sono sostenuti nella produzione dai Festival Romaeuropa, Centrale Fies, Festivale della Colline Torinesi e Opera Estate. Hanno vinto il premio Ubu 2009 e la menzione speciale per la sperimentazione dei linguaggi al PremioTuttoteatro.com Dante Cappelletti 2006. Fondatori insieme alle compagnie Città di Ebla, gruppo nanou, Ooffouro e Cosmesi del progetto Ipercorpo, dal quale è tratto il libro Iperscene curato da Mauro Petruzziello per Editoria e Spettacolo (2007).
ANTONIO AUDINO Lavora a Rai Radio3 occupandosi della programmazione e dell’informazione teatrale. Scrive di teatro sul quotidiano “Il Sole 24 Ore”. Insegna “Metodologia e critica dello Spettacolo” all’Università di Roma – Tor Vergata. Ha pubblicato i seguenti volumi “La Compagnia dei Giovani. 1954/1974 Una stagione del teatro italiano” Editalia Poligrafico dello Stato, Roma, 1995, e “Corpi e visioni. Indizi sul teatro contemporaneo”, Artemide, Roma, 2008. Ha curato nel 2008 le voci relative al teatro dell’ultimo aggiornamento dell’Enciclopedia Treccani e alcune voci del “Dizionario dello Spettacolo del Novecento” Baldini e Castoldi, 1998, nonché numerosi saggi in volume dedicati soprattutto alle giovani formazioni di ricerca.
ingresso libero
info e prenotazioni:
tel 349 2834261
novocritico@gmail.com
novocritico.blogspot.com
sabato 16 ottobre 2010
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO
OSSERVATORIO CRITICO UNIVERSITARIO
Osservatorio studenti RomaDue
Maria Rita Di Bari
Laura Pacelli
Agnese Valle
Osservatorio studenti RomaUno

Immagini frammentarie, ricostruzioni vere e verosimili, popolano il nuovo lavoro di Daniele Timpano, ancora in piena fase di allestimento. L’attore si confronta con l’orizzonte d’attesa di un pubblico ristretto e con l’occhio (più o meno attento) della critica. In scena, lo specchio deformato e deformante della memoria storica collettiva, a sondare ancora una volta i complessi meccanismi di creazione e ricezione comunicativa.
Aldo Moro muore il 9 Maggio del 1978 dopo 55 giorni di sequestro. Stampa e televisione ricordano un numero perfetto, includendo nel proprio calcolo un’ immagine che ormai appartiene a tutti indistintamente. Bianco e nero, corpo assassinato, scoperto, martirio (demo)cristiano: "Fate presto", avrebbe detto Andy Warhol. Nel passaggio della morte da archetipo a cliché, nota qualcuno tra il pubblico, si inserisce il tono dissacrante di una recitazione schizofrenica; i fatti di cronaca si fondono alla rielaborazione personale e artificiale dell’arte e il disagio ricettivo sembra esserne la conseguenza necessaria. L’inattendibilità posta volontariamente alla base del lavoro crea uno scarto critico che mira a riattivare le facoltà percettive del pubblico.
Timpano irretisce con disinvoltura, provoca, senza che ci si accorga subito della portata della provocazione. Continui avvicinamenti e distanziamenti dall’oggetto, irritano e divertono. A ferire, è soprattutto il dato inventato. All’apertura del dibattito c’è chi lamenta la mancanza di un’esplicita presa di posizione morale e chi si domanda se il teatro di Timpano debba essere inteso come atto politico. I tempi sono tali e i confini così poco netti, minacciati da continue ridefinizioni e ambiguità, che sembra necessario tornare a riflettere sul rapporto tra teatro e politica, o tra il Teatro e il Politico. Si potrebbe esprimere, di prima battuta, lo stupore nel vedere i due termini così disgiunti. D’altronde sono l’uso del linguaggio e la difficoltà di dare un nome alle cose, le spie più importanti di un’odierna confusione di pensiero e di un desolante smarrimento di bussole guida. Andando al di là del semplicistico schieramento tra destra e sinistra (che pure non manca), o delle personali opinioni divulgate, Timpano sceglie di far reagire tutto ciò che di Moro è stato scritto, filmato, ricordato. L’efficacia di questa operazione è data dalla presenza in scena di un corpo scosso e deflagrato che destruttura un’iconografia comune, aprendo alle più svariate possibilità di costruzione. Sono la fisicità e la concretezza del corpo attoriale a creare un vero e proprio cortocircuito con le molteplici proiezioni storico-culturali, ombre mediatiche del caso Moro.
Francesca Bini e Giada Oliva
Osservatorio Critico Università Roma2
14 ottobre 2010
giovedì 14 ottobre 2010
L’inquietudine è in agguato, si percepisce un ambiguo che non approda a soluzione, una sospensione che se muove al riso subito dopo colpisce per stringere nel dubbio e che svela un Timpano che si dibatte tra cattiveria dissacrante e pietismo che seda l’iniziale partitura. Di questo si è trattato nella fase successiva alla presentazione del frammento dell’ultima creazione di Timpano “Aldo Morto”, dove l’artista, il critico che lo ha intervistato e gli spettatori hanno discusso sull’evoluzione dello spettacolo con un’interessante retrospettiva dell’opera di Timpano e della sua accoglienza presso il pubblico e le giurie di addetti ai lavori, per poi estendere il discorso sui doveri del teatro, sulla capacità di esso di agire nella vita pubblica. Ne è nato un confronto che per l’artista risulta elemento di formazione e informazione utile ai futuri sviluppi del suo lavoro e per lo spettatore, che interviene attivamente, momento di riflessione sul teatro, sul proprio modo di intenderlo, scoperta della fucina creativa di un attore, drammaturgo, regista che anche fuori della scena sfugge come un fluido a nette classificazioni.
14 ottobre 2010
martedì 12 ottobre 2010
SPAZIO KATAKLISMA
Via G. De Agostini 79 - Roma
ANDREA COSENTINO
incontra
CLAUDIA CANNELLA
Nel secondo incontro di Novo Critico:
di Andrea Cosentino e Francesco Picciotti
Un’esercitazione sulla praticabilità della scena, sulla fattibilità dei gesti, sull’abitabilità dei corpi. Con maschere, pupazzi, oggetti. Giocare ad animare per animarsi. Accennare mondi e disfarli. Per un pubblico di bambini e adulti. Per noi stessi. Prima di ogni distinzione. Una ripartenza.
Venerdì 15 ottobre Andrea Cosentino, attore, autore, comico e studioso di teatro presenta Esercizi di Rianimazione, un’esercitazione sul teatro di figura finalizzata alla reinvenzione di grammatiche teatrali sghembe e divertenti.
Una non - storia per far nascere le figure dagli oggetti e dai pezzi di corpo, farle agire, aspettare che vivano, che s’incontrino.
Cosentino si diverte a riattraversare l’infanzia non per assecondarla, ma per reinventare nuovi orizzonti e per trovare domande inevase, giocare a recitare partendo dal grado zero, dove inventare regole nuove e poi giocare a disfarle.
Un progetto di spettacolo dove giocare con l’ausilio di cose, per non restare ostaggi dei personaggi e delle loro psicologie ma per essere liberi di reinventarsi miriadi di corpi.
ANDREA COSENTINO Attore, autore, comico e studioso di teatro. Tra i suoi spettacoli 'La tartaruga in bicicletta in discesa va veloce', il ‘dittico del presente’ costituito da L'asino albino e Angelica (i cui testi son pubblicati in Andrea Cosentino. L’apocalisse comica, a cura di Carla Romana Antolini, Roma, Editoria e spettacolo, 2008), Antò le Momò-avanspettacolo della crudeltà e Primi passi sulla luna. In questi ultimi lavori si avvale della collaborazione registica e drammaturgica di Andrea Virgilio Franceschi e Valentina Giacchetti. Le sue apparizioni televisive vanno dalla presenza come opinionista comico nella trasmissione AUT-AUT (Gbr-circuito Cinquestelle) nel 1993 alla partecipazione nel 2003 alla trasmissione televisiva Ciro presenta Visitors (RTI mediaset), per la quale inventa una telenovela serial-demenziale recitata da bambole di plastica. E' fondatore del PROGETTO MARA'SAMORT, che opera per un'ipotesi di teatro del-con-sul margine, attraverso una ricerca tematica, linguistica e performativa sulle forme espressive subalterne, e promuove il format paratelevisivo autarchico Telemomò.
CLAUDIA CANNELLA Claudia Cannella si è laureata in Lettere Moderne all’Università di Pavia e ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia del Teatro all’Università di Firenze. È giornalista pubblicista dal 1992 e, dal 1998, dirige la rivista Hystrio-Trimestrale di Teatro e Spettacolo dove ha cominciato a lavorare nel 1990. È collaboratrice fissa, per quanto riguarda il teatro di prosa, del Corriere delle Sera (dal 2000) e del suo inserto Vivimilano (dal 1995). Sempre in ambito teatrale, ha collaborato anche con Pass Milano, Ridotto, Ricordi Oggi, Il Castello di Elsinore, Drammaturgia, Il Patalogo. Fa parte delle giurie di alcuni premi teatrali (Premio Hystrio, Premio Ubu, Premi Olimpici per il Teatro, Premio Ugo Betti). Ha ricevuto il Premio al Merito per la Giovane Critica 1996, attribuito dal Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti/Associazione Nazionale Critici di Teatro, e i Premi “Diego Fabbri” e “Franco Sacchetti” per Il Teatro del Cielo. Cinquant'anni di storia dell'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato (a cura di U. Ronfani, Milano, Lupetti, 1996).
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